“Ora il Reddito universale: basta sussidi condizionati”

Guy Standing. L’economista britannico

Economista britannico, docente all’Università Soas di Londra, Guy Standing è una delle voci più autorevoli sul Reddito universale di base e un nemico dichiarato della precarizzazione del lavoro, anzi della vita.

Cosa pensa della crisi da Covid e delle politiche del governo italiano?

La pandemia ha innescato la recessione, non l’ha causata. È come l’assassinio dell’Arciduca nel 1914, che fu solo la miccia della Prima guerra mondiale. La globalizzazione ha creato un capitalismo dei rentier, dove una parte sempre maggiore del reddito va a chi detiene la proprietà e sempre meno a chi lavora. C’è un enorme precariato che vive sull’orlo di un insostenibile debito privato. Basta avere un piccolo choc economico e milioni di persone finiscono in povertà. La reazione del governo è stata provare a preservare i lavori dei salariati. Non è stato dato supporto al reddito del precariato. Ma la resilienza di Paesi come l’Italia dipende dalla resilienza dei gruppi più deboli. Se non si dà ai membri vulnerabili della classe precaria una sicurezza di base, la pandemia continuerà, insieme all’alta disoccupazione e a una disuguaglianza sempre peggiore. Questa crisi forzerà governi, imprenditori, sindacati a cambiare le politiche nei confronti del precariato. Quelle perseguite finora hanno solo peggiorato il problema.

Cosa cambia nella sfida fra capitale e lavoro rispetto al mondo globalizzato precedente alla pandemia?

Siamo in un momento di trasformazione, che potrà dare vita o a un nuovo fascismo o a nuove politiche progressiste. La situazione può essere rappresentata da otto “giganti”: disuguaglianza, insicurezza, debito, stress, precarietà, automazione, minaccia dell’estinzione. E infine, il populismo neofascista. Siamo in una crisi esistenziale: dobbiamo costruire un nuovo sistema distributivo e un reddito di base come diritto economico per tutti. Non è una panacea, ma serve un nuovo patto sociale.

Il reddito universale è meglio di un piano di lavoro garantito? Se sì, perché?

Un piano di lavoro garantito (job guarantee) è stupido. Che genere di lavoro il signor Burocrate potrebbe garantirmi? E cosa succede se io lo rifiuto? Il job guarantee non è welfare, ma un altro tipo di workfare, perché prima o poi lo Stato dirà “o accetti il lavoro, o non prendi niente”. È la strada per un mercato del lavoro autoritario, con terribili conseguenze distributive. Invece, il reddito di base è una questione di giustizia e libertà. Sarebbe come dare a tutti un dividendo sociale. Le persone sarebbero più capaci di dire no allo sfruttamento e avrebbero una sicurezza di base. Ora però il reddito universale è anche un imperativo economico. Dobbiamo stimolare la domanda per beni e servizi di base e possiamo farlo solo se tutti godono di una certa sicurezza.

Come giudica il Reddito di cittadinanza?

Si sta muovendo nella direzione giusta. Però, non si devono avere specifici gruppi di persone come target, perché in questo modo si creano trappole di povertà. Se lo ottieni solo se sei povero, non hai incentivo a migliorare la tua condizione, perché perderesti il sussidio. Inoltre, cercare di capire i requisiti per erogare il reddito è troppo complesso. È molto meglio dare a tutti un reddito universale e poi riprenderlo dai ricchi con le tasse, per evitare che ne godano anche i vari Berlusconi.

Molto spesso in Italia si dice che il mercato del lavoro è troppo rigido. È vero?

No, almeno non più di quanto un imprenditore sia in grado di affrontare. La regolamentazione del lavoro non è un grande problema in Italia rispetto agli altri Paesi.

Un reddito di base può aumentare il potere contrattuale dei lavoratori e aiutarli a reagire alla flessibilizzazione?

Senza dubbio! Se le persone hanno una sicurezza di base, non vivono nella paura. Un reddito di base rafforzerebbe il potere contrattuale, soprattutto di donne e disabili. Aumenterebbe la loro capacità di dire no a partner, burocrati, padroni di casa e datori di lavoro oppressivi. Ma indurrebbe anche i bravi imprenditori a rispettare di più i loro lavoratori.

Cosa può fare l’Italia con i soldi del Recovery Fund?

Deve usare più soldi possibili per dare a tutti una sicurezza di base. La soluzione non sono i congedi dal lavoro o i sussidi in integrazione ai salari, che non aiutano il precariato. Bisogna rendere il sistema più equo fra lavoratori e finanza, che al momento succhia la maggior parte del reddito. O si avranno problemi economico-sociali sempre maggiori.

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Economista britannico, docente all’Università Soas di Londra, Guy Standing è una delle voci più autorevoli sul Reddito universale di base e un nemico dichiarato della precarizzazione del lavoro, anzi della vita.

Cosa pensa della crisi da Covid e delle politiche del governo italiano?

La pandemia ha innescato la recessione, non l’ha causata. È come l’assassinio dell’Arciduca nel 1914, che fu solo la miccia della Prima guerra mondiale. La globalizzazione ha creato un capitalismo dei rentier, dove una parte sempre maggiore del reddito va a chi detiene la proprietà e sempre meno a chi lavora. C’è un enorme precariato che vive sull’orlo di un insostenibile debito privato. Basta avere un piccolo choc economico e milioni di persone finiscono in povertà. La reazione del governo è stata provare a preservare i lavori dei salariati. Non è stato dato supporto al reddito del precariato. Ma la resilienza di Paesi come l’Italia dipende dalla resilienza dei gruppi più deboli. Se non si dà ai membri vulnerabili della classe precaria una sicurezza di base, la pandemia continuerà, insieme all’alta disoccupazione e a una disuguaglianza sempre peggiore. Questa crisi forzerà governi, imprenditori, sindacati a cambiare le politiche nei confronti del precariato. Quelle perseguite finora hanno solo peggiorato il problema.

Cosa cambia nella sfida fra capitale e lavoro rispetto al mondo globalizzato precedente alla pandemia?

Siamo in un momento di trasformazione, che potrà dare vita o a un nuovo fascismo o a nuove politiche progressiste. La situazione può essere rappresentata da otto “giganti”: disuguaglianza, insicurezza, debito, stress, precarietà, automazione, minaccia dell’estinzione. E infine, il populismo neofascista. Siamo in una crisi esistenziale: dobbiamo costruire un nuovo sistema distributivo e un reddito di base come diritto economico per tutti. Non è una panacea, ma serve un nuovo patto sociale.

Il reddito universale è meglio di un piano di lavoro garantito? Se sì, perché?

Un piano di lavoro garantito (job guarantee) è stupido. Che genere di lavoro il signor Burocrate potrebbe garantirmi? E cosa succede se io lo rifiuto? Il job guarantee non è welfare, ma un altro tipo di workfare, perché prima o poi lo Stato dirà “o accetti il lavoro, o non prendi niente”. È la strada per un mercato del lavoro autoritario, con terribili conseguenze distributive. Invece, il reddito di base è una questione di giustizia e libertà. Sarebbe come dare a tutti un dividendo sociale. Le persone sarebbero più capaci di dire no allo sfruttamento e avrebbero una sicurezza di base. Ora però il reddito universale è anche un imperativo economico. Dobbiamo stimolare la domanda per beni e servizi di base e possiamo farlo solo se tutti godono di una certa sicurezza.

Come giudica il Reddito di cittadinanza?

Si sta muovendo nella direzione giusta. Però, non si devono avere specifici gruppi di persone come target, perché in questo modo si creano trappole di povertà. Se lo ottieni solo se sei povero, non hai incentivo a migliorare la tua condizione, perché perderesti il sussidio. Inoltre, cercare di capire i requisiti per erogare il reddito è troppo complesso. È molto meglio dare a tutti un reddito universale e poi riprenderlo dai ricchi con le tasse, per evitare che ne godano anche i vari Berlusconi.

Molto spesso in Italia si dice che il mercato del lavoro è troppo rigido. È vero?

No, almeno non più di quanto un imprenditore sia in grado di affrontare. La regolamentazione del lavoro non è un grande problema in Italia rispetto agli altri Paesi.

Un reddito di base può aumentare il potere contrattuale dei lavoratori e aiutarli a reagire alla flessibilizzazione?

Senza dubbio! Se le persone hanno una sicurezza di base, non vivono nella paura. Un reddito di base rafforzerebbe il potere contrattuale, soprattutto di donne e disabili. Aumenterebbe la loro capacità di dire no a partner, burocrati, padroni di casa e datori di lavoro oppressivi. Ma indurrebbe anche i bravi imprenditori a rispettare di più i loro lavoratori.

Cosa può fare l’Italia con i soldi del Recovery Fund?

Deve usare più soldi possibili per dare a tutti una sicurezza di base. La soluzione non sono i congedi dal lavoro o i sussidi in integrazione ai salari, che non aiutano il precariato. Bisogna rendere il sistema più equo fra lavoratori e finanza, che al momento succhia la maggior parte del reddito. O si avranno problemi economico-sociali sempre maggiori.