Minori e criminalità

Mafie, Bonafede: “Per levare acqua alle ‘paranze’ bisogna puntare su formazione e scuole”

La risposta del Guardasigilli - La lettera

Di Alfonso Bonafede*
19 Settembre 2018

Caro direttore,
ho letto con molto interesse l’approfondimento che avete pubblicato sulla “generazione-paranza”, le baby gang e il tema collegato della responsabilità genitoriale. Non è un segreto che fra le varie articolazioni del ministero della Giustizia, una a cui ho dedicato maggiore attenzione sia proprio quella legata alla giustizia minorile. Ritengo, infatti, che proprio in quell’ambito ci sono maggiori possibilità di incidere positivamente sul futuro della nostra società. L’obiettivo è intervenire in tempo, ponendo di fronte a giovani e giovanissimi vie diverse da quelle già erroneamente percorse.

È chiaro che questo è un tema che solo in parte è appannaggio di magistrati e avvocati, perché investe direttamente le responsabilità della politica e di chi in particolare ha incarichi di governo. Si tratta, infatti, oltreché di una questione di giustizia, di una priorità per la sicurezza, la crescita economica, sociale e culturale dell’intero Paese.

Il destino di un Paese dipende in buona parte dalle potenzialità, dalle ambizioni, dalle capacità delle sue generazioni più giovani, quelle che frequentano i banchi di scuola. E proprio da lì dovremmo partire, da quella primaria e grande agenzia sociale che è la scuola, chiamata ad assolvere la sua missione educativa anche colmando carenze e modelli negativi che originano da contesti familiari di provenienza difficili o già compromessi con il crimine. Per questo sono rimasto particolarmente colpito dai dati (riferiti alla regione Campania ma verosimilmente estendibili all’intero panorama nazionale) che evidenziano l’elevato tasso di abbandono scolastico prematuro, nonché la scarsissima diffusione della pratica sportiva e della fruizione artistica e culturale. Un campanello d’allarme che suona per ricordarci che non basta – e a volte non serve – agire sul versante della repressione e della punizione, se non si investe sulla prevenzione. E prevenire, nel settore giovanile, vuol dire creare un bivio laddove sembra esserci una strada obbligata.

In particolare, come suggerito anche dalla “Risoluzione in materia di attività degli uffici giudiziari nel settore della criminalità minorile nel Distretto di Napoli” approvata qualche giorno fa all’unanimità dal plenum straordinario del Consiglio Superiore della Magistratura, tra gli interventi più urgenti e necessari emergono il rafforzamento della rete di servizi socio-assistenziali, il potenziamento delle iniziative didattico-formative, sociali e culturali, e dei progetti di avviamento alla pratica sportiva. Tutte azioni la cui valenza ho potuto constatare personalmente in questi primi mesi di attività, grazie ai tanti progetti realizzati nelle carceri basati sull’avviamento professionale e il lavoro a fini sociali, sulla pittura, sul teatro o sullo sport.

Combattere veramente contro la criminalità minorile significa, infatti, prima di ogni altra cosa educare i giovani più esposti – e a volte drammaticamente sedotti – dal malaffare e dall’illegalità al valore dell’onestà, del lavoro all’interno delle regole, del servizio alla comunità. Per questo, sin dal mio insediamento, mi sono fatto promotore di una collaborazione tra istituzioni, scuole, associazioni e istituti di pena per avviare e intensificare progetti di contrasto della devianza e di recupero minorile. D’altronde, la rieducazione della pena sancita dalla nostra Costituzione, trova il suo più ampio margine di azione e di efficacia proprio in chi si ritrova a essere delinquente prima ancora di essere uomo.

Compito delle istituzioni deve essere, allora, quello di prospettare realmente a questi giovani cittadini la possibilità che il loro destino non sia già scritto, che un futuro lontano dal crimine e dalla violenza è possibile. Nascere in una città o in un determinato quartiere non deve equivalere a un’ipoteca sul futuro, a una condanna sociale preventiva. Lo Stato deve impiegare le sue migliori risorse per compiere una vera missione di inclusione e progresso sociale. Non è, lo ripeto, solo una questione di giustizia ma di equità ed eguaglianza sostanziale nella misura in cui lo Stato riesce a eliminare quelle barriere sociali ed economiche che attualmente delimitano l’orizzonte di tanti giovani che sono nati senza il diritto di scegliere il loro futuro.

*Ministro della Giustizia

Orfani d’onore

Togliere la responsabilità genitoriale
a chi con
la propria attività delinquenziale può causare danni ai figli.
È una delle proposte che il plenum del Csm, riunitosi

a Napoli,

ha approvato nei giorni scorsi.

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