Comunità musulmane

Fine Ramadan con Salvini: i timori dell’Islam italiano

Le voci - Il coro degli Imam: “Siamo preoccupati, nel contratto Lega-M5S ci sono punti pericolosi. Troppa confusione tra religione e terrorismo”

Di Daniele Erler
8 Giugno 2018

“Siamo preoccupati – dice l’imam Yahya Pallavicini, presidente della Coreis: la Comunità religiosa islamica – nel contratto di governo ci sono dei punti allarmanti”. Aboulkheir Breigheche, imam di Trento, è ancora più esplicito: “Il contratto è discriminatorio e anticostituzionale perché parla di leggi specifiche per una sola religione”. Izzedin Elzir, imam di Firenze e presidente dell’Ucoii, l’Unione delle comunità islamiche d’Italia, aggiunge: “Spero che la propaganda sia finita e che si inizino a fare le cose nell’interesse del Paese, senza più discriminazioni”. Voce fuori dal coro il solo Massimo Abdallah Cozzolino, segretario generale della Confederazione islamica italiana: “L’importante è che si sia formato un governo, il resto lo vedremo. Non dobbiamo avere noi dei pregiudizi”.

Sta per finire il mese sacro del Ramadan, i musulmani celebrano in questi giorni – la data varia fra sciiti e sunniti – la “notte del destino”, la più importante per chi crede nell’Islam. Quest’anno coincide con le prime mosse del nuovo governo. Il fatto che il ministro dell’Interno sia Matteo Salvini basta a preoccupare associazioni e imam (molti di loro sono italiani nati in Italia). Il vicepremier leghista non ha mai nascosto le sue idee sull’Islam: “È la presenza islamica organizzata che va chiarita, non quella del singolo cittadino”, diceva Salvini a Genova lo scorso 9 febbraio. La Lega una volta al governo “vieterà l’apertura di nuove moschee”, prometteva il segretario.

Ma la campagna elettorale è finita. Al Viminale hanno spiegato a Salvini che proprio la presenza di luoghi di culto – riconosciuti e controllabili – è il miglior modo per evitare pericolose derive radicali. A Milano in questi giorni il sindaco Giuseppe Sala ha varato un piano che mira alla regolarizzazione di quattro centri islamici, in una città che ha tanti luoghi di preghiera, ma nessuna moschea riconosciuta ufficialmente.

Nel contratto di governo si parla in maniera esplicita di Islam, nel tredicesimo capitolo, quello sull’immigrazione: “Occorre disporre di strumenti adeguati per consentire il controllo e la chiusura immediata di tutte le associazioni islamiche radicali nonché di moschee e di luoghi di culto, comunque denominati, che risultino irregolari”. Bisogna quindi “adottare una specifica legge quadro sulle moschee e luoghi di culto, che preveda anche il coinvolgimento delle comunità locali”.

Una legge solo per i musulmani non piace alle associazioni islamiche. Anche perché in Italia – secondo i numeri diffusi nell’aprile 2016 dall’allora ministro Angelino Alfano – ci sono quattro moschee, 858 luoghi di culto e 343 associazioni culturali. Su quali calerà la mannaia giallo-verde?

“Vedo il pericolo che in Italia si limiti la libertà religiosa, usando a pretesto la sicurezza: ma religione e sicurezza sono due diritti, entrambi vanno difesi – dice Pallavicini –. Si fa confusione fra immigrati, clandestini, religione e terrorismo. Io sono italiano e musulmano di nascita. A Salvini chiedo: quando dice ‘prima gli italiani’, i musulmani sono esclusi?”.

“La Costituzione è chiara – dice Elzir –. Non si possono fare discriminazioni su base religiosa. A me sembra che nel contratto queste discriminazioni ci siano già. Noi siamo i primi a volere la legalità. Ma la sicurezza non ha religione. Mi appello al senso istituzionale di Lega e Cinque Stelle: la propaganda è finita. Ci sono questioni aperte e servono un tavolo di confronto e un disegno di legge per la libertà di religione, di tutte le religioni. Noi ci siamo. E voi?”.

La Costituzione prevede già, all’articolo 8, la possibilità di un’intesa fra lo Stato e una religione. È stata firmata con la maggior parte delle confessioni (ebraismo, induismo e buddismo fra le altre), ma non con l’Islam. Significherebbe riconoscere l’esistenza dei musulmani in Italia, che potrebbero anche accedere all’otto per mille, allontanando il sospetto di finanziamenti irregolari.

“Ci sono due motivi per cui non lo si è fatto ancora: da un lato perché l’Islam ha una struttura complessa, non c’è un Papa e un’autorità riconosciuta da tutti – spiega Pallavicini –. Ma soprattutto firmare un’intesa con l’Islam è diventata una scelta impopolare dopo l’11 settembre 2001”. Per tutti i governi, di qualsiasi colore politico.

A febbraio 2017 – ministro Marco Minniti – si è arrivati alla firma di un “Patto nazionale per l’Islam italiano”. Le associazioni si sono impegnate a fornire una serie di garanzie: i sermoni del venerdì in italiano, un elenco pubblico degli imam, la democrazia interna alle comunità e la trasparenza nei finanziamenti. In cambio lo Stato ha promesso di avviare le trattative per l’intesa. Massimo Campanini – professore universitario, fra i maggiori esperti di Islam in Italia – spera che il nuovo governo continui su questa strada: “Le premesse non sono buone, la Lega ha sempre avuto un atteggiamento islamofobo, i Cinque stelle ondivago. Sono poco fiducioso, spero di sbagliarmi. Bisogna capire una cosa: il terrorismo nasce dove ci sono particolari circostanze economiche, sociali e culturali, con la povertà e l’emarginazione. Su quelle condizioni si deve intervenire: dare la colpa all’Islam è una sciocchezza”.

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