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Pd, piccole vendette e casting. La lunga estate calda di Renzi

Il Capo declassa i vecchi e riunisce i 40 futuri capilista: fuori Moretti e le 2 Alessie

27 Luglio 2017

“La vita è fatta a scale. C’è chi scende e c’è chi sale”. Basta cambiare il soggetto da “vita” a “renzismo” e il proverbio è la perfetta descrizione di come vanno le cose nel fantastico mondo del segretario del Pd. Innamoramenti repentini e fratture insanabili, vendette e premiazioni. Era così Matteo all’apice del potere e, anche se prova a moderarsi, è così pure ora. Non solo gli scatoloni di Filippo Sensi: il va e vieni è continuo. Dentro (di nuovo) Matteo Richetti, fuori Michele Anzaldi; dentro (di nuovo), Simona Bonafè, fuori Alessia Morani. Una giostra. Sotto elezioni, le montagne russe. Un “casting” continuo, tra vecchi amici e politici appena scoperti, ma soprattutto il capo è perennemente alla ricerca di volti nuovi: personaggi famosi da portare in Parlamento, testimonial con cui conquistare la fantasia (e i voti).

Che stavolta tocchi a Massimo Recalcati, psicanalista ufficiale del renzismo? O alla giornalista iper-garantista Annalisa Chirico? O al simbolo dei vaccini, Roberto Burioni? O ancora, a Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido? Dicono che la pratica sia stata affidata in prima battuta a Benedetta Rizzo, ai vertici della società di comunicazione Hdrà, appena portata in segreteria. Di certo c’è che ieri Renzi, Rizzo e Proforma (l’agenzia di Bari che cura la comunicazione Pd) hanno fatto una riunione al Nazareno coi 40 responsabili dei dipartimenti nominati la settimana scorsa. Strategia politica in vista delle prossime elezioni.

“A che servono questi 40 dipartimenti? Ne sentivamo proprio il bisogno? C’è il responsabile della Lotta contro lo spreco alimentare e quello della Difesa degli animali”. Eccolo, il commento più gettonato degli esclusi dalle ultime nomine. La carica dei 40 neo fiori all’occhiello del Pd, in effetti, non si capisce bene a cosa sia dovuta. Si racconta che sarebbero i 40 capolista sicuri per le prossime elezioni. In tempi di casting, tutto torna. Nel listino renziano, dunque, sale Patrizia Prestipino, nominata – appunto – responsabile della difesa degli Animali: s’era fatta notare la sera delle primarie quando, di rosso vestita, era saltata al colle del rieletto segretario; oggi le cronache danno conto del suo “se vogliamo continuare la nostra razza, dobbiamo dare sostegno alle mamme”.

Tra i 40 ci sono pure le eurodeputate Simona Bonafè e Pina Picierno, un tempo renzianissime, poi allontanate. Brilla l’assenza dell’onorevole Alessia Morani, immancabile nei palinsesti tv, evidentemente non indispensabile al Pd. Tra i promossi c’è pure il sindaco di Mantova, Mattia Palazzi: erano mesi che Renzi gli ronzava intorno, ora l’ha portato al Nazareno.

Cercare tra gli assenti dà sempre qualche indizio. Fuori da tutto il deputato Michele Anzaldi, criticato per come ha gestito la comunicazione durante le primarie. Fuori, però, pure Lorenza Bonaccorsi. La realtà, dicono, è che i due sono troppo amici di Paolo Gentiloni. Niente da fare pure per Alessandra Moretti e finisce fuori dall’Olimpo anche il deputato David Ermini: al suo posto, come responsabile Giustizia, il sindaco di Ercolano, Ciro Bonajuto. Eppure, Ermini è amico di Renzi da sempre. Qualcuno pensa addirittura che abbia pagato per il suo eccesso di lealtà. Ma c’è anche un’altra lettura: Bonajuto è uno dei protetti di Maria Elena Boschi, che anche stavolta si sarebbe imposta.

Ieri al Nazareno è passata anche la sottosegretaria, eroina della settimana per aver staccato Pisapia da Mdp. Boschi è nella cabina di regia per preparare la Conferenza programmatica del Pd di ottobre: Luca Lotti no. A proposito della salute dei petali del Giglio magico: c’è Graziano Delrio, manca Dario Franceschini. Il più epurato è proprio lui: Area Dem è ufficialmente nemica. In disgrazia da mesi il capogruppo in Senato Luigi Zanda. Unico franceschiniano dei 40: Emanuele Fiano, che però è considerato un traditore dai suoi. Pare che per Franceschini & C siano previsti solo 6 posti nelle liste bloccate (e 6 per gli orlandiani).

A proposito di rischi, c’è chi ne corre di più concreti: i 184 dipendenti del Pd. Oggi ci sarà un incontro tra il tesoriere, Francesco Bonifazi, e i rappresentanti sindacali. Sul tavolo, la cassa integrazione e i licenziamenti. Dopo la campagna del Sì, il Pd ha 9,5 milioni di buco e il personale ha un costo complessivo di 7,8 milioni: al partito hanno calcolato che ognuno ha un costo medio di 5700 euro a fronte dei 3200 che costa un dipendente di Cgil, Cisl o Uil. Un esborso considerato sproporzionato. Tra gli esempi che si fanno quello di Oriano Giovanelli (già tesoriere della campagna delle primarie di Bersani), che prenderebbe 15mila euro lordi al mese. Nel 2013 Renzi e i suoi prepararono un dossier con tutti gli stipendi pesanti. Ora dovranno disfarsene in fretta.

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