Cari lettori del Fatto,
sono passati 15 mesi da quando abbiamo scoperto che la nostra vita non sarebbe più stata come prima. Il Covid, come un treno, ha tranciato famiglie, vite. Ha spezzato i nostri ospedali, i nostri sistemi sanitari territoriali. Ora che sembra poter finalmente iniziare una tregua, abbiamo deciso di lanciare un’indagine a partire da voi lettori sull’assistenza ricevuta dai tanti che hanno contratto il virus. Ecco perché pubblichiamo sul sito – online per una settimana, fino a domenica 23 maggio – un questionario a cui vi chiediamo di rispondere.
Le vostre risposte, che registreremo in forma totalmente anonima e che non hanno alcun valore statistico ma puramente documentale, saranno la base del lavoro di inchiesta – che leggerete sul nostro giornale e sul nostro sito – su Covid-19 e prime cure.
Quali le indicazioni ricevute dai medici di base, se il sistema di telemonitoraggio sanitario regionale abbia funzionato o meno, i farmaci prescritti, l’assistenza domiciliare: sono solo alcune delle domande del questionario. Ancora oggi, dopo tutti questi mesi, riceviamo quotidianamente decine e decine di lettere di denuncia – dal Nord al Sud Italia, senza distinzioni – sull’abbandono e sul senso di solitudine che hanno provato, e continuano a provare, le persone che si sono ammalate di Covid-19. La malattia resta ancora largamente sconosciuta, ma dopo 15 mesi è significativo che il nostro Paese non abbia un protocollo nazionale per le cure domiciliari del Covid (le linee guida sono state solo di recente aggiornate, e restano oggetto di svariate dispute all’interno della comunità scientifica come pure tra medici, Tar e ministero della Salute).
Cercheremo di raccontarvi, come in tutti questi mesi, cosa è stato fatto, ma soprattutto cosa non è stato fatto. Qualcosa che, forse, avrebbe potuto salvare molte vite.
Se non l’avete ancora fatto, rispondete al questionario del Fatto Quotidiano:
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