E’ durata pochi giorni la soddisfazione del presidente del Consiglio per i risultati del vertice europeo di Bruxelles. Non sono bastati gli applausi prolungati della maggioranza in Parlamento, il riconoscimento di commentatori in genere molto ostili, i parziali apprezzamenti di Giorgia Meloni e il sostegno pieno di Silvio Berlusconi, il “trionfo” di cui ha scritto Le Monde e i riconoscimenti ulteriori di gran parte della stampa internazionale, non ultimo Paul Krugman sul New York Times che, pur non riferendosi al Recovery fund, ha tuttavia elogiato con aggettivi pesanti l’operato del governo Conte sulla gestione del Coronavirus. Tutto questo non ha impedito alla maggioranza che sostiene il governo di infilarsi, dopo solo due giorni dal successo europeo, in una nuova contesa interna a base di Mes e legge elettorale.
Non è difficile spiegare questi movimenti interni della politica di palazzo, ma è davvero molto noioso. Leader in cerca di visibilità elettorale, competizioni interne agli stessi partiti, sgambetti e orizzonti brevi impediscono di cogliere il senso della fase politica non solo italiana ma internazionale e di comportarsi con quel passo da “statista” che la fase richiede.
Chi di “statista” non ha proprio nulla è la Lega che chiude la settimana con una collezione di guai giudiziari come non si vedeva da tempo (e sul Fatto in edicola domenica ne diamo una bella carrellata). Salvini parla di “giustizia a orologeria” dimostrando che di Berlusconi ha preso tutto, ma le notizie che riguardano il Carroccio emergono anche perché, in fondo, la destra nazionalista italiana non ha dimostrato di avere un respiro politico e una capacità di marciare all’altezza della crisi. Questo è un bilancio che si può già trarre e che probabilmente ha indotto Giorgia Meloni, di cui i sondaggi parlano un gran bene, a misurare le parole nei confronti della trattativa europea di Conte.
Ci sarebbero le condizioni, e in parte le risorse, per discutere seriamente dell’Italia che serve, della svolta da imprimere a questo paese, ma si rischia di parlare, come da decenni ormai, sempre d’altro. Il primo, o la prima, che riesce a rompere questa dannazione politica potrebbe avere un grande futuro politico.
Salvatore Cannavò
|