Le donne ricercano, gli uomini fanno carriera: si potrebbe titolare così, certamente semplificando, lo studio pubblicato sulla rivista Lancet Europe da un team di scienziate italiane. Stefania Boccia, Sara Farina e Rossella Iafrate hanno dimostrato, numeri alla mano, come le donne siano il 33% della forza lavoro del mondo della ricerca, ma solo il 26% dei professori ordinari, direttori di dipartimento o di centri di ricerca. Un dato che scende al 22% per le scienze naturali e al 18% per l’ingegneria e la tecnologia. Ci sono Paesi europei che, inaspettatamente, sono messi molto meglio dell’Italia, sempre in coda alle classifiche: Romania, Bosnia, Bulgaria, Croazia, Slovenia. Elisabetta Ambrosi si è fatta spiegare perché dalla professoressa Boccia, ordinaria di Igiene e Medicina Preventiva all’Università Cattolica di Roma e vice direttrice scientifica della Fondazione Policlinico Gemelli.
Le donne guadagnano meno, ne perde il Pil europeo. Se oggi dobbiamo continuare a ragionare per titoli, potremmo chiamare così un altro report, questa volta realizzato dall’Osservatorio permanente sull’empowerment femminile del Gruppo Ambrosetti e studiato per noi da Sabrina Provenzani. Sono tre i messaggi chiave che vengono lanciati: l’aumento del lavoro femminile è essenziale per garantire la sostenibilità economica e sociale. La carenza di donne nei settori del futuro, dall’economia verde alla tecnologia – e qui ci riagganciamo al discorso precedente –, aumenta il rischio di una loro esclusione dal mercato del lavoro. I progressi nella partecipazione femminile possono regredire. Un numero che chiarisce tutto: con la parità salariale, il Pil del G20 crescerebbe quasi del 14%.
Ilaria Proietti si occupa invece dell’Italia, e in particolare della presenza femminile nella pubblica amministrazione. Secondo i numeri raccolti da Openpolis, esiste una sorta di questione meridionale: più si va a Sud e meno donne si trovano. Eppure parliamo di un settore in cui le stesse rappresentano il 58,8% del totale dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani. Non è una sorpresa: anche in questo caso, i ruoli apicali sono appannaggio maschile.
Dopo questo quadro disarmante, consoliamoci con la pagina culturale e con il pensiero delle filosofe che, se fossero state ascoltate, avrebbero potuto cambiare la Storia. Da Hanna Arendt a Simone Weil, Angelo Molica Franco ci racconta il pensiero incentrato sul Bene.
E, per chiudere con una risata, torna l’appuntamento mensile con la satira della nostra Amalia Caratozzolo che stavolta, aprendo l’armadio dei ricordi, ci consegna un racconto tragicomico della pillola del giorno dopo.
Buona lettura.
A cura di Silvia D’Onghia
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