Il lavoro, soprattutto quello politico, non è una roba per donne. Potrebbe essere questa la sintesi dei tre articoli con cui apriamo la newsletter questa settimana.
Sabrina Provenzani ci parla di una ricerca europea secondo la quale gli elettori non hanno pregiudizi di genere sui candidati, ma vengono condizionati da come i media se ne occupano. Gli uomini, infatti, sono abitualmente presentati come più ambiziosi, ponderati e orientati agli obiettivi; le donne come più premurose e cooperative. Cioè troppo emotive per prendere le decisioni difficili e oggettive. E troppo esposte.
Questo vale a tutti i livelli. Guardiamo cos’è successo l’altro giorno a Lecce, per esempio: l’assessora all’Urbanistica, Rita Miglietta, è stata oggetto di insulti sessisti su Facebook perché si sta occupando di una vicenda spinosa che riguarda una darsena e la Lega Navale. Tommaso Panza l’ha intervistata.
Elisabetta Ambrosi ha invece letto per noi un saggio, Il buon lavoro. Benessere e cura delle persone nelle imprese italiane, che fotografa una realtà in parte diversa da quella che conosciamo. Subito dopo la pandemia, e con le guerre alle porte, i lavoratori si stanno interrogando sul senso di ciò che fanno e sul tempo che il proprio impiego sottrae alla vita e agli affetti. Le necessità stanno cambiando, quindi, ma non tutte le aziende sono pronte a recepirle. Ed è un errore, perché la felicità rende i dipendenti più produttivi. E sapete quali sono le aziende più felici? Quelle che si mostrano attente al welfare e alla parità di genere.
A proposito di parità, di ruoli in questo caso, nella conferenza stampa di fine anno la premier Meloni è tornata a ribadire l’importanza della maternità, e l’impegno del governo nel trovare soluzioni che concilino le responsabilità lavorative delle mamme con gli impegni familiari. Pochi giorni prima la senatrice Lavinia Mennuni aveva affermato che la maternità per le giovani donne deve diventare un’aspirazione a cui protendere. Parole che abbiamo fatto analizzare alla demografa Alessandra Minello, secondo la quale continuare a escludere i padri dalle politiche di welfare è ormai un atto fuori dalla Storia.
Con Michela Iaccarino torniamo in Russia: la vera spina nel fianco di Putin in vista delle elezioni del 17 marzo sono le donne della “strada verso casa”, un gruppo di madri, mogli o sorelle che da settimane manifestano affinché i loro cari al fronte ucraino possano tornare immediatamente a casa. Dopo aver aperto, nell’estate scorsa, un gruppo su Telegram, sono state accusate dalla propaganda del Cremlino di appartenere alla squadra di Navalny, ma questo non le ha fermate. A Mosca si riconoscono: indossano fazzoletti bianchi e tengono in mano cartelli e garofani rossi.
Per la pagina letteraria, infine, Maria Cristina Fraddosio ci porta nel mondo, anzi nell’autobiografia di Jane Sautière, scrittrice francese nata in Iran e cresciuta in Cambogia che, attraverso il racconto della sua storia intima, lega con un filo doppio le vicende del mondo.
Buona lettura.
A cura di Silvia D’Onghia
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