Ci viene promesso il peggio, l’invasione, le donne velate, le orde barbariche, la perdita della nostra identità, lo choc dello scontro di civiltà. Prendiamo l’aereo, pensiamo a loro, i barbari, con i nostri liquidi e le nostre creme nei nostri sacchetti di plastica trasparente. Dall’11 settembre, l’ “altro” ha iniziato ad essere prepotentemente parte del nostro mondo.

Eppure a più di dieci anni di distanza i cattivi presagi sui destini del mondo paiono orientarsi più su un generico caos provocato dalla crisi economica globale che dall’invasione islamica paventata dalle più fosche Cassandra.

Yan Duyvendak e Omar Ghayatt, rispettivamente performer svizzero e egiziano, si sono incontrati circa un anno fa, prima al Cairo, poi in Svizzera e hanno cominciato a guardare il mondo del cosiddetto “altro”. E da questa preoccupazione dell’altro, hanno tratta un’opera teatrale, Made in Paradise che stasera, 20 aprile, fa tappa al Teatro delle Briciole di Parma (ore 21).

Sul palco saliranno anche gli spettatori, in modo da formare un luogo non convenzionale dove pubblico e artisti condividono gli stessi spazi, e i due performer si incontrano, si confrontano, si scrutano. E ognuno, dalla propria prospettiva, scopre il mondo dell’altro, con le proprie frustrazioni, paure, emozioni, inevitabilmente soggettive, inevitabilmente specifiche del proprio mondo. La performance accoglie lo spettatore, lo invita a sedersi in uno spazio tra due mondi un luogo per uscire dalle paure del presente e guardare con occhi diversi la realtà. Così Duyvendak e Ghayatt, presentando frammenti in movimento perpetuo, sguardi, urla, forzature, in questo pauroso “altro” scoprono che c’è già qualcosa di tranquillizzante.

Made in paradise svela, fin dal titolo, la volontà di comprendere e accettare l’altro, valicare le barriere fisiche e mentali: dalla visione attivista occidentale “made in” al “paradise” religioso dell’Islam. E questa idea dello spazio condiviso, tra chi il teatro lo crea e chi lo osserva rende il pubblico parte attiva nella “scrittura” dello spettacolo: passando da un mondo all’altro, mettendosi in gioco nella relazione. Ma a detta di chi ha seguito la piece in decine di città europee dove il duo svizzero-egiziano l’ha portato, pare non ci sia stata nessuna repentina conversione di fede.

Per info: http://www.solaresdellearti.it/index.php?pg=sezione&tipo=2&ling=dvexsfipdj

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