L’ex premier britannico Boris Johnson ha annunciato nella serata di ieri le sue dimissioni con effetto immediato da deputato. Il passo indietro, a sorpresa, giunge dopo che Johnson ha abbandonato anche la guida del partito conservatore. L’uscita dalla Camera dei Comuni mette in crisi anche il governo di Rishi Sunak, suo successore, ex ministro delle Finanze e ormai avversario all’interno del partito. Johnson ha spiegato la sua decisione in una lunga e accesa lettera aperta resa pubblica ieri e in cui punta il dito contro il governo in carica, oltre che sull’opposizione laburista e sulle inchieste aperte in questi mesi contro di lui per il cosiddetto scandalo Partygate, ovvero dei ritrovi organizzati a Downing Street quando era primo ministro e in sospetta violazione delle restrizioni anti Covid allora in vigore. Dopo le dimissioni resta vacante il seggio espresso dal collegio di Uxbridge, alle porte della capitale, che sondaggi alla mano, il partito Conservatore rischia di perdere nelle elezioni suppletive. Votazioni che dovranno svolgersi anche nel collegio elettorale del Mid Bedfordshire in cui è stata eletta la stretta alleata dell’ex premier Nadine Dorries, dimessasi a sua volta. Qui i conservatori dovrebbero però spuntarla senza troppi patemi. Oggi si è dimesso un terzo deputato, l’ex sottosegretario e ministro junior Nigel Adams, che con una secca comunicazione di maniera ha formalizzato la rinuncia al suo seggio di deputato del collegio di Selby e Ainsty (Yorkshire), nell’Inghilterra del nord.

Johnson ha scritto di aver ricevuto il rapporto finale della commissione parlamentare bipartisan incaricata di valutare se egli avesse mentito alla Camera a suo tempo. Un rapporto di sostanziale condanna, frutto a suo dire del “vergognoso pregiudizio” con cui le indagini della commissione sarebbero state condotte dalla sua presidente, Harriet Harman, deputata veterana del Labour. “Non ho mentito, e credo che in cuor loro alla commissione sappiano perfettamente – ha scritto l’ex premier – che quando ho parlato ai Comuni stavo dicendo ciò che sinceramente credevo fosse vero”. Ma sono comunque determinati a cercare di “spingermi fuori dal Parlamento” in modo “anti-democratico”. Johnson accusa i parlamentari di aver organizzato un “omicidio politico” pur senza avere “uno straccio di prova” contro di lui. Il gruppo di parlamentari che fanno parte della Commissione si riunirà lunedì prossimo per portare a termine l’inchiesta e pubblicare il rapporto finale.

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