L’Italia dovrebbe registrare una “crescita modesta” nel 2023 e 2024, con il Prodotto interno lordo che rallenterà dal 3,8% del 2022 all’1,2% quest’anno e all’1% il prossimo. Lo scrive l’Ocse nel suo Economic Outlook: le stime sono in linea con quelle diffuse martedì dall’Istat per il 2023, leggermente peggiori per quanto riguarda il 2024. L’andamento del pil nei prossimi anni dipende in maniera sostanziale dalla capacità di “mettere a terra” gli investimenti del Pnrr e l’organizzazione parigina conferma che su quel fronte si registra un netto ritardo“, come già rilevato dalla Corte dei Conti: “Le riforme in corso della pubblica amministrazione, del sistema giudiziario e della concorrenza sono sulla buona strada e rimangono fondamentali per aumentare il Pil a medio termine. Ma la spesa dei fondi Ngeu è in netto ritardo, con una spesa cumulata alla fine del 2022 inferiore di circa il 50% rispetto ai piani di spesa iniziali, il che riflette principalmente i ritardi nell’attuazione dei progetti di investimento pubblico”. Le ricette per uscirne sono le solite: “Rapida sostituzione di progetti non fattibili con altri fattibili” e “rafforzamento della capacità della pubblica amministrazione di gestire e attuare in modo efficiente i progetti di spesa pubblica”.

Finora “i rischi per la crescita – si legge nel rapporto Ocse – sono sostanzialmente bilanciati” anche grazie agli elevati risparmi delle famiglie “che potrebbero portare a un rimbalzo della domanda interna più rapido” del previsto. “Al contrario – è l’avvertimento – ricadute negative dalla recente turbolenza del settore bancario internazionale o ulteriori ritardi nell’attuazione dei progetti di investimento pubblico del Pnrr potrebbero rallentare la crescita”. Al contrario “la rapida attuazione delle riforme strutturali e dei piani di investimento pubblico nel Pnrr sarà fondamentale per sostenere l’attività a breve termine e gettare le basi per una crescita sostenibile nel medio termine”, oltre ad avere “l’ulteriore vantaggio di esercitare ulteriori pressioni al ribasso sul rapporto debito/Pil”. Tra i progetti cruciali ci sono la “spesa infrastrutturale per facilitare le transizioni digitale e verde, nonché l’espansione dell’assistenza pubblica all’infanzia in età prescolare per promuovere la partecipazione femminile al mercato del lavoro nel contesto di una popolazione in età lavorativa in rapida diminuzione”.

Per quello che riguarda invece l’evoluzione del carovita, “nel complesso, la combinazione di prezzi dell’energia più bassi, condizioni finanziarie più restrittive e politiche fiscali moderatamente restrittive dovrebbero portare a un graduale allentamento delle pressioni inflazionistiche pur consentendo una modesta ripresa dell’attività”.

A livello globale l’Ocse segnala come “gli sviluppi economici mondiali hanno iniziato a migliorare, ma la ripresa rimane fragile. La crescita del Pil globale dovrebbe ridursi dal 3,3% del 2022 al 2,7% nel 2023, prima di raggiungere un ancora modesto 2,9% nel 2024″. Come afferma la capo economista Clare Lombardelli, “l’economia globale sta girando un angolo, ma deve affrontare una strada lunga e tortuosa per raggiungere una crescita forte e sostenibile”. Le prospettive restano ancora “significativamente incerte” e tra i motivi di maggior preoccupazione sono da evidenziare l’inflazione e la guerra in Ucraina. La necessità di abbassare in modo duraturo l’inflazione, adeguare il sostegno della politica fiscale e rilanciare una crescita sostenibile “crea sfide difficili” per i responsabili dei governi e delle banche centrali dei paesi Ocse. Sebbene infatti il carovita stia diminuendo grazie a prezzi dell’energia più bassi, “l’inflazione core rimane ostinatamente elevata, più di quanto previsto in precedenza”. E proprio per questo “le banche devono mantenere politiche monetari restrittive fino a quando non ci saranno chiari segnali che le pressioni inflazionistiche si stanno attenuando”.

Articolo Precedente

Forte calo per le esportazioni cinesi in aprile. Ma si intensificano gli scambi tra Pechino e Mosca

next
Articolo Successivo

Carrelli della spesa sempre più vuoti ma scontrini sempre più cari. Consumi giù del 4,8% in aprile

next