“Mi sono difesa da un approccio sessuale”: è quello che ha sostenuto Alessandra Galea, la 49enne accusata dell’omicidio del convivente Fausto Baldoni, 63 anni, avvenuto lo scorso sabato a Fabriano (Ancona). Galea ha fornito la propria versione dei fatti alla gip Sonia Piermartini, nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto in carcere a Villa Fastiggi di Pesaro, dove la 49enne è stata condotta in stato di fermo con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla coabitazione. Il compagno, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato colpito alla testa più volte con un corpo contundente, presumibilmente un abat-jour. Sono stati poi i carabinieri a scoprire il cadavere, entrati nell’abitazione insieme ai vigili del fuoco, dopo l’allarme diramato dai fratelli della vittima, insospettiti dall’assenza di contatti.

Secondo quanto raccontato dalla compagna, invece, dopo essersi difesa per respingere le avances sessuali, lei sarebbe uscita di casa – per recarsi dai figli – e questo non le avrebbe permesso di avere contezza della condizione in cui versava il 63enne, morto a causa delle ferite riportate, tra le quali una frattura del cranio. La 49enne ha negato di aver colpito il convivente alla testa: adesso sarà fondamentale l’esito dell’autopsia sul corpo di Baldoni, che sarà effettuata all’ospedale di Torrette, ad Ancona, dal medico legale Mauro Pesaresi.

Il pm ha chiesto la convalida del fermo della donna e l’applicazione della misura cautelare in carcere, ma la gip, dopo l’esito dell’interrogatorio, non si è ancora pronunciata. Per la difesa mancano i presupposti per la custodia in carcere: al momento esclusa anche l’ipotesi di un’eventuale perizia psichiatrica.

Non hanno dubbi invece sull’accaduto i fratelli della vittima, Rita e Terenzio Baldoni: “Nostro fratello, per la sua generosità e bontà, ha trovato un epilogo alla sua vita che non meritava” , hanno dichiarato tramite il loro legale, l’avvocato Angelo Franceschetti. La coppia si conosceva da anni, ma conviveva da due. “Tra Fausto e la compagna c’erano molti problemi, tanti litigi. Più volte, l’uomo ha confidato ai familiari di temere per la propria vita, tanto da aver fatto sparire tutti i coltelli – ha aggiunto l’avvocato -. Temeva anche di essere avvelenato e spesso viveva chiuso in una stanza, quando lei era in casa”.

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