Banche dati contenenti decine di migliaia di nomi e numeri di telefono di potenziali clienti sono state confiscate su ordine del Garante della privacy a 4 società accusate di svolgere attività di “telemarketing selvaggio”. Si tratta del primo caso in cui i finanzieri operano un blitz simile per contrastare una pratica tanto invadente quanto spesso illegale e, sottolinea il Garante, viene anche colpito per la prima volta il “sottobosco” con sanzioni per le aziende coinvolte. Alle quattro società – Mas s.r.l.s., Mas s.r.l., Sesta Impresa s.r.l. e Arnia società cooperativa – sono infatti state inflitte multe che vanno dai 200mila agli 800mila euro. “L’utilizzo dello strumento della confisca è il segno di un ulteriore innalzamento della strategia di contrasto da parte dell’Autorità, che, da un lato, sta collaborando attivamente con gli operatori virtuosi del settore per la definitiva approvazione di un codice di condotta, ma, dall’altro, non riduce la propria attività di controllo e repressione del telemarketing illegale”, sottolinea il Garante della Privacy.

Le banche dati prodotte “illegalmente” – L’attività è nata da una segnalazione della Guardia di Finanza di Soave, nel Veronese, che ha permesso di individuare le quattro società, ritenute responsabili dal Garante di “una serie di attività in aperta violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali”. In particolare Mas s.r.l. e Mas s.r.l.s. – ricostruisce l’authority – “mediante acquisizione di apposite liste illegalmente prodotte, contattavano decine di migliaia di soggetti, senza che questi avessero mai rilasciato il necessario consenso per il trattamento dei propri dati a fini di marketing, proponendo offerte commerciali di diverse compagnie energetiche” e “giungendo anche a proporre, dopo poco tempo, passaggi inversi fra queste, al fine di accrescere le proprie provvigioni”. Uno spaccato raccontato nei dettagli ai finanzieri da un’agente di una delle sue società.

“Insufficienti controlli delle aziende committenti” – I contratti “venivano poi girati alle due società toscane” – Sesta Impresa e Arnia società cooperativa – per “l’indebito inserimento nel database delle compagnie, il tutto senza alcun formale incarico” e “in base a un sistema di distribuzione delle responsabilità in ambito privacy fittizio, meramente formalistico e con gravissime carenze nell’adozione di efficaci misure di sicurezza per la protezione dei propri sistemi”. Attività che, sintetizza il Garante della Privacy, “costituiscono” una delle forme del “sottobosco”, più volte indicato “quale causa dell’odierna espansione del telemarketing illegale”, fenomeno che “si alimenta con affidamenti e attività al di fuori delle norme, ma anche per un insufficiente controllo da parte delle grandi aziende committenti”.

Le liste comprate su Facebook – L’istruttoria, definita lo scorso aprile, aveva portato ad accertare come le società vendessero contratti anche per Hera Comm ed Enel Energia “utilizzando liste di anagrafiche acquisite in assenza di uno specifico consenso” e “in assenza del rilascio di una preventiva informativa”, nonché “liste che risultano avere origine anche da aziende straniere”, in particolare Mas s.r.l.s. in alcuni casi le “aveva illecitamente acquisite tramite Facebook da una ditta individuale italiana e da una società spagnola”. Le quattro società “non agivano quali responsabili o sub-responsabili del trattamento per conto delle compagnie energetiche” e, tuttavia, sottolinea il Garante, “sono riuscite, sfruttando evidenti debolezze del sistema e carenze nei controlli, a introdurre le numerose proposte contrattuali fatte sottoscrivere ai clienti nel patrimonio informativo delle medesime compagnie energetiche, incassando le relative provvigioni”.

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