Difesa e contrattacco. Giorgia Meloni interviene sulle polemiche innescate dalle scelte del governo nell’iter di conversione del decreto Pubblica amministrazione: da un lato rivendica le proprie mosse e dall’altro attacca l’opposizione. “La sinistra è molto in difficoltà. Non solo dice che c’è una deriva autoritaria se sulla Corte dei Conti proroghi le norme del governo Draghi. Sommessamente osservo che facciamo quello che ha fatto il precedente governo. Il problema è che c’è una deriva autoritaria se qualcuno che viene da destra e non da sinistra non avesse gli stessi diritti che hanno loro. Questo è un problema. Loro dicono che c’è una deriva autoritaria sulla Corte dei Conti che continua a fare i controlli, fa la relazione semestrale e nessuno le ha messo un bavaglio”.

Dallo studio di Quarta Repubblica, la presidente del Consiglio mescola la questione scudo erariale, effettivamente introdotta dal precedente governo, e quella relativa al controllo concomitante, mai esplicitata da Mario Draghi. La sua replica arriva nel giorno in cui i magistrati contabili si sono riuniti in assemblea straordinaria dopo la scelta dell’esecutivo di limitarne i poteri di vigilanza sull’attuazione del Pnrr. Il testo, approvato giovedì 1° giugno in Commissione alla Camera, abolisce il controllo concomitante sulla spesa dei fondi del Piano (uno strumento attivabile “in itinere” su richiesta delle Commissioni parlamentari) e proroga fino a giugno 2024 lo scudo erariale che limita la responsabilità contabile da condotte attive ai soli casi di dolo. Per Meloni, però, la decisione relativa al controllo concomitante non è un “bavaglio”.

Alla premier ha subito risposto il Partito Democratico: “Non è assolutamente così”, dice Debora Serracchiani ricordando che l’emendamento del governo contiene due norme. La prima è “lo scudo al danno erariale che però nasceva sulla base dell’emergenza Covid, quando operavamo in condizioni di emergenza e inedite”. Mentre Draghi non ha eliminato il controllo concomitante della Corte dei Conti: “Anzi, è il contrario. L’introduzione di quel controllo è stato uno dei punti più alti dell’attività parlamentare. A tutti i paesi l’Ue ha chiesto un sistema di controllo interno che si sommasse a quello europeo. Noi eravamo indecisi se attribuirlo all’Ufficio parlamentare di bilancio o alla Corte dei Conti e alla fine scegliemmo la Corte”.

La presidente del Consiglio si è soffermata anche sui dati dell’occupazione, grimaldello per ribattere – anche in questo caso – alle minoranze: “Non stiamo precarizzando il lavoro e lo dimostrano i dati: l’aumento del numero degli occupati è dato per il 70% da occupati stabili”, ha rivendicato sottolineando anche i numeri relativi all’occupazione femminile. “Stiamo colmando soprattutto il gap grazie ai contratti stabili delle donne – ha rimarcato – Questo è storicamente il nostro problema rispetto alla media europea. Questo è un dato straordinario”.

Meloni si dice certa di avere un “vantaggio”, cioè una maggioranza che definisce solida: “Mi do 5 anni di orizzonte e non sto governando guardando al consenso immediato e posso permettermelo e quando si ha questa fortuna si possono fare scelte che magari nell’immediato comprimono il consenso ma che se ne sei convinto sai anche che nella lunga distanza verranno lette per quello che erano”. E aggiunge di sperare di “poter lasciare in eredità a questa nazione altri governi che hanno un orizzonte di legislatura, che è l’unico modo per prendere le decisioni giuste”.

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