Una volta c’erano parecchie cose che ti davano diritto a una bella scarica di legnate se eri giovane e avevi l’aria sbarazzina, ma fra queste non c’era la complicità con Falcone. A Palermo invece, il 23 maggio 2023 (segnati la data, la chiedono agli esami), gli studenti sono stati picchiati perché volevano mettere un fiore a Falcone. “Concorso esterno in associazione antimafiosa”. Da quel giorno la repubblica, che già prima non stava tanto bene, è diventata ufficialmente una res privata e la costituzione, che ogni tanto si cercava sempre di abolire, non è stata abolita più ma semplicemente ignorata.

Tutta questa faccenda è stata un gran regalo per la mafia, che ormai non è più una mafietta ma un Potere Mafioso. Se a toglierti davanti i rompipalle ci pensa il Signor Prefetto e anzi direttamente il Governo, hai molto più tempo di prima per le cose serie. “Ma scusa, non lo facevano anche prima?”. Sì, ma prima lo dovevano fare di nascosto: ora invece è ufficiale, ed è un bel risparmio. Ma noi, che facciamo?

Beh, possiamo fare una bella manifestazione di protesta alla prossima occasione, per esempio – fra un mese e mezzo – per Borsellino. Contenti? Oppure, organizziamoci da subito per colpire mafiosi e soci nel loro punto debole: il portafogli. Levargli i soldi di tasca, col metodo La Torre. Referendum, legge, scioperi, autunno caldo per gli oligarchi mafiosi. Si può? Parliamone, e ti raccontiamo come abbiamo fatto tutte le altre volte.

A Catania la mafia è arrivata tardi, ma è arrivata subito in alto e si è impadronita profondamente dei gangli vitali della città. Il potere qui è solo secondariamente politico, ed è politico in quanto proiezione del potere socio-economico, che Giuseppe Fava, molti anni fa, metteva lucidamente al centro del potere mafioso. Il potere mafioso – nell’economia, nell’informazione, nei rapporti sociali, infine anche nella politica – a Catania costituisce la grande rimozione; se ne parla pochissimo, e quel poco male.
Poco ne parla anche la “sinistra” e le elezioni che potrebbe perdere onorevolmente, per ragioni politiche e culturali, le perde invece catastroficamente e senza onore. Riesce a costituire liste puerili, di brava gente (non tutta) aliena da ogni scontro reale, senza un programma che parli della Cataniavera e non di Stoccolma.

Con tutto ciò, e nonostante l’indubbia decadenza, Catania è ancora all’ avanguardia della politica, disgraziatamente. La sua rimozione del potere mafioso, e dunque la resa senza combattere ad esso, è stata infatti un modello per la classe politica nazionale.

L’Italia, unico paese occidentale in cui la mafia sia andata a più riprese al governo, ignora così totalmente il problema criminalità che è un’altra cosa. Ma sono passati molti anni dalle denunce di Fava, e poi di Dalla Chiesa, di D’Urso, di Scidà e di altri ancora; la mafia ha avuto tutto il tempo e l’agio di farsi potere, come prima si prevedeva e ora si constata.

I “Siciliani” sono stati fra quelli che l’hanno contrastato e lo contrastano tuttora. Siamo stati un “partito” di giovani, e con orgoglio lo rivendichiamo. Pensiamo che i ragazzi di ora, coi loro tempi e con le loro forze, riusciranno ad esserne all’altezza.

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