Il decreto Alluvioni era stato annunciato urbi et orbi lo scorso 23 maggio, quando dopo il Consiglio dei ministri la premier Giorgia Meloni aveva dichiarato: “Questo primo provvedimento prevede uno stanziamento di oltre 2 miliardi di euro per le zone colpite”. Per più di una settimana, però, quel decreto con gli interventi ritenuti urgenti per aiutare le zone dell’Emilia-Romagna sommerse dall’acqua è sparito dai radar, con gli aiuti rimasti bloccati. Il motivo? Il governo doveva trovare le coperture: in altre parole, non aveva ancora recuperato i soldi necessari. Il decreto è stato risistemato a Palazzo Chigi ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo qualche giorno fa, il primo giugno: così si è scoperto che per aiutare le zone alluvionate il governo ha dovuto rimangiarsi il regalo alle aziende energetiche sugli extraprofitti, ma anche tagliare il fondo di integrazione salariale e i soldi stanziati per il reddito di cittadinanza.

All’articolo 7 del decreto Alluvioni ci sono le disposizioni in materia di ammortizzatori sociali per le zone colpite. È prevista una indennità una tantum per i dipendenti del settore privato che a causa dell’alluvione non possono lavorare: 500 euro per ogni 15 giorni di sospensione, con un tetto massimo fissato a 3mila euro. Per questa misura il governo ha stanziato 620 milioni di euro (452 milioni di assegni e 195 di contributi figurativi). Per trovare questi soldi però ha dovuto mettere mano alle forbici. Il taglio più cospicuo riguarda il Fondo di integrazione salariale, modificato dalla legge di bilancio 2022 che aveva previsto per quest’anno 400,4 milioni di euro di spesa. Il Fis è un sostegno al reddito dei lavoratori di aziende non coperte dalla cassa integrazione ordinaria in caso di sospensione o cessazione del lavoro. Il governo prevede un taglio da 400 milioni: 280 milioni dalle prestazioni del Fondo e altri 120 dalla contribuzione figurativa.

Per coprire i 620 milioni di spesa previsti dall’articolo 7, il governo poi ha prelevato altri 50 milioni di euro dal Fondo sociale per occupazione e formazione. L’altro taglio cospicuo però riguarda il reddito di cittadinanza: ben 150 milioni vengono infatti dalla riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 12, comma 1, del decreto legge 28 gennaio 2019, ovvero il provvedimento del governo Conte 1 che ha introdotto il sussidio ora smantellato dall’attuale esecutivo. Il testo prevedeva 7.210 milioni di euro annui di spesa per il reddito a partire dal 2022 e per gli anni successivi. Da quel tesoretto il governo Meloni ha prelevato i soldi mancanti, mentre altri 20 milioni vengono dalla riduzione degli stanziamenti per l’anticipo pensionistico. Questo solo per quel che riguarda gli aiuti previsti dall’articolo 7.

Per trovare le altre coperture, il governo ha dovuto ad esempio abrogare l’articolo 5 del decreto-legge 30 marzo 2023. Due mesi fa il governo Meloni con il decreto Bollette aveva concesso un generoso sconto fiscale sul “contributo di solidarietà” a carico delle aziende energetiche, la cosiddetta tassa sugli extraprofitti. Le cifre sono note: oltre 400 milioni di minori incassi rispetto alla previsione di 2,5 miliardi inserita nella legge di Bilancio per il 2023. L’esecutivo ora è costretto a fare marcia indietro e abrogare la sua stessa norma, per trovare i soldi necessari a garantire le promesse fatte alle popolazioni colpite dall’alluvione. Così arrivano altri 400 milioni circa, da sommare ad esempio ai 126,7 milioni presi dalla riduzione del bonus sociale per il riscaldamento. Altri soldi il governo prevede di recuperarli raschiando da varie voci: si va dalla vendita di beni mobili oggetto di confisca amministrativa alle estrazioni settimanali aggiuntive del gioco del Lotto e del Superenalotto.

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