Non so se condividete questo pensiero: se una città è già fra le più inquinate d’Europa, se mediamente piove sempre meno e se si prevede che le temperature nella cinta urbana aumenteranno sensibilmente (e già sono aumentate in questi ultimi anni), se tutto questo è vero, e lo è, beh, allora la cosa più stupida che si possa fare è quella di eliminare il verde urbano. Condividete?

Immagino di sì, qualsiasi persona di buon senso penserebbe così. Bene, sappiate che questo non vale per gli amministratori della città in questione, Torino. E qui lo dimostro. La capitale subalpina è risultata destinataria dei fondi del Programma Operativo Nazionale “Città Metropolitane 2014-2020” (PON Metro), e, in conseguenza di ciò, cos’ha fatto? Ha approvato con Delibera n. 528 del 26 luglio 2022 la realizzazione di un intervento denominato pomposamente “forestazione urbana” che prevede tra l’altro la “ricostituzione di viali urbani”.

Cosa significhi questo è presto detto: un taglio già effettuato di maestosi alberi in Corso Umbria, e il taglio dell’intera alberata di Corso Belgio, con successiva sostituzione degli alberi ivi presenti (trattasi di un doppio filare di Acer negundus) con alberi di dimensioni decisamente più ridotte, Corylus colurna (comunemente noto come nocciolo turco) e Pyrus calleryana ‘Chanticleer’ (comunemente noto come pero cinese). Come al solito, i politici ritengono che i loro amministrati siano dei minus habens e sotto il termine “forestazione urbana” fanno passare il taglio di 284 alberi di alto fusto, molti vecchi di circa settant’anni, per sostituirli con degli arboscelli.

Tra l’altro, al di là dell’aspetto suicida della delibera, la decisione presa (ovviamente senza consultare i residenti, da buona amministrazione “di sinistra”) cozza contro il Piano di Resilienza Climatica, adottato dalla Città di Torino con Deliberazione della Giunta Comunale mecc, 2020 – 01683/112 del 28 luglio 2020, il quale afferma che sia “fondamentale incrementare l’infrastruttura verde per promuovere il benessere fisico e sociale della popolazione e massimizzare i servizi ecosistemici efficaci a contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici”. Inoltre, la Città di Torino ha aderito al Patto dei Sindaci per il Clima e l’Energia con deliberazione del Consiglio Comunale del 18 febbraio 2019, con il quale la città si è impegnata a ridurre le emissioni di CO2 (e possibilmente di altri gas serra) sul proprio territorio di almeno il 40% entro il 2030.

E poi ancora come non ricordare il PAESC, Piano d’azione Per L’energia Sostenibile e il clima, approvato sempre nell’ambito del suindicato patto dei Sindaci, con il quale l’obbiettivo di riduzione delle emissioni sale addirittura al 68% entro il 2030? Evidentemente tante belle parole che poi contrastano con i fatti ed ecco che dopo la strage di alberi d’alto fusto di Corso Umbria, il 12 giugno si partirebbe con il taglio a raso di Corso Belgio. Ché se poi a queste operazioni aggiungiamo l’azzeramento del Giardino Artiglieri di Montagna, la cittadella dello sport nel Parco del Meisino, il nuovo ospedale Maria Vittoria in area parco e perfino esondabile, la non ancora risolta questione del bosco in città di Corso Principe Eugenio, si ha l’esatta misura di quanto il Comune si preoccupi della qualità dell’aria, del clima e della salute dei cittadini. E, ovviamente, della Natura.

Contro l’abbattimento già due raccolte firme, un flash mob dei residenti e una diffida a nome di un nutrito gruppo di residenti. Significativo il commento in rete di una signora: “Perché non capisco assolutamente il motivo del loro abbattimento. Più alberi vuol dire più ossigeno, più ombra e meno caldo e afa. Perché, perché?”.

Foto di Roberto Accornero

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