Cultura

Salone del libro: Barbero rockstar, “Ferrante botta di culo” e Pellegrini osannata dalle adolescenti. A Torino va in scena la ricerca dell’ “evento”

Mentre la ministra Roccella veniva contestata, una folla applaudiva Barbero. Ma non solo: anche la premiata nuotatrice ha ricevuto l'affetto del pubblico

di Davide Turrini

Alessandro Barbero rockstar. O anche: non si vive di sola Roccella. Mentre nello spazio della Regione Piemonte al Salone del Libro di Torino 2023 la ministra veniva contestata da una cinquantina di giovani, a nemmeno 6-700 metri di distanza nell’Auditorium, il professor Barbero veniva accolto e avvolto da una standing ovation di oltre mille persone. Di qua la solita storia ideologica novecentesca, di là il romanzo sbarazzino, acuto, inatteso sul caos della storia.

Barbero, che ha presentato il suo ultimo libro Brick for Stone (Sellerio), coccolato e punzecchiato da Daria Bignardi, ha dovuto letteralmente contenere la folla alzando le mani come dire, alla Costanzo, “bboni bboni”. Ad un certo punto sono perfino giunti a ridosso dell’enorme palco due bambinetti al cui cospetto lo storico si è inginocchiato per progere loro un microfono. “Noi ti seguiamo nei tuoi video sulla storia”, gli ha detto la bimba che da programma ministeriale ed anagrafe è si e no arrivata alla lettera z dell’alfabeto. Mentre il maschietto, forse già al capitolo etruschi, ha chiesto “qual è il personaggio più simpatico di Brick for Stone”, mostrando capacità e velocità di lettura precocissime. A parte l’ironico scherno, Barbero ha spiegato di averci messo “vent’anni” a scrivere questo libro che però non definisce un romanzo storico. Ispirato a Una banda di idioti di Toole (Guanda), mette insieme un gruppuscolo di strambi adolescenti delle periferie di New York, un agente della Cia e perfino il campione di scacchi Bobby Fisher uniti dalle premonizioni su e pre 11 settembre 2001. “Il sesso (ce n’è molto nel libro) è fra le cose più importanti nella vita”, ha spiegato il prof. “Siamo in un’epoca in cui pensiamo di prevedere tutto attraverso l’analisi del passato storico. Sarebbe rassicurante pensarlo, invece viviamo un paradosso. Pensiamo di non essere più come gli antichi romani che squartavano polli o le persone del Medioevo che aprivano la Bibbia a caso per prevedere il futuro. Eppure pensiamo di prevedere il PIL dell’anno prossimo. Studiare la storia non garantisce sicurezze, questa è la morale”. Barbero è stato interrotto almeno una decina di volte dagli applausi e quando l’incontro è finito si è assistito assistito ad un paio di minuti di battimani caloroso che nemmeno a Sanremo per Morandi-Ranieri-Albano. A quel punto Barbero ha fatto una cosa da vera rockstar: è andato a raccogliere l’applauso al centro del palco, poi a destra, poi a sinistra, poi di nuovo al centro. Consumatissimo divo, il prof.

Anche perché al Salone del Libro, oramai, non basta più presentare libri, ma si pretende l’intrusione del concetto e la presenza conclamata dell’ “evento”. I lanci sui grandi schermi nelle sale degli incontri, del resto, segnalano: “l’evento sta per iniziare”. Prendi Federica Pellegrini, autrice, con Elena Stancanelli di Oro (La Nave di Teseo), il memoir della nuotatrice più premiata e amata d’Italia. L’incontro oltre a iniziare mezz’ora dopo, e a creare un ingorgo nel padiglione Oval di cui non si ha ricordo negli annali, dura poi nemmeno venti minuti. Firmacopie please. Di circa un’ora. Tanto i selfie se li erano scattati con Fede prima dell’inizio in modo da far tardare l’inizio. “Predisposta per eccellere nello sport devi esserlo fin dalla nascita. Devi proprio avere delle caratteristiche genetiche precise. Io, ad esempio, ho uno scheletro leggero, galleggio naturalmente, e questo lo devo a mamma”, spiega Pellegrini interrotta da una folla adorante che, sorpresa, almeno per chi scrive, è fatta di bambine, di adolescenti, insomma, al 70% da ragazzine sotto i 18 anni. Un po’ tra il fenomeno Instagram e la propria Barbie, tra Wattpad e l’amica di mamma che va in piscina.

“Elena Ferrante? Ma che botta di culo avete avuto?”. Probabile sia la prima volta che Gian Arturo Ferrari, ex grand mogul di Mondadori, editor più potente d’Italia e qualcosa in più, abbia pronunciato una parolaccia. Il match del resto è ghiotto. Doppiopetto grisaglia vs. calzino arrotolato sotto al pantalone e camicia dal collo sporgente. Ferrari il re dei giga seller, scopritore di Dan Brown e Roberto Saviano vs. Sandro Ferri detto l’umbro, che dal suo piccolo della casa editrice indipendente e/o ha scoperto e imposto ben oltre i confini nazionali l’invisibile e impalpabile Elena Ferrante. La saletta dell’incontro è piccina, ma le botte da orbi che si tirano i due rimbombano. Ferri autore de L’editore presuntuoso (e/o) e Ferrari autore di Storia confidenziale dell’editoria italiana (Marsilio) spacchettano la questione delle questioni: chi è il più bravo del reame? Chi più savio e più giusto? Chi fa del bene alla cultura? “Il concetto di indipendente è complicato. Si è indipendenti dalla politica, dal management, da altri prodotti industriali, ma di base l’editore indipendente è quello che concentra la sua attività sui libri e non su altro come tv o automobili”, spiega Ferri. “Un grande gruppo ha leggi editoriali a cui deve rispondere, nel suo codice genetico è scritta la crescita”, è perentorio Ferrari. Che poi puntualizza: “Berlusconi in Mondadori non mi ha mai chiesto alcun elenco, tipo questo titolo va bene, questo no. Invece l’unica proprietà che si inseriva nella scelta dei titoli era la Fiat con i libri Rizzoli. Anche se dubito che l’Avvocato Agnelli abbia mai letto un libro in vita sua. Come del resto Arnoldo Mondadori, Angelo Rizzoli o Giulio Einaudi”. Così se Ferri sembra sempre sul punto di mettere metaforicamente le mani al collo di Ferrari, quest’ultimo segnala di non aver mai invidiato nessuno nel campo editoriale altrui. Mentre a chi gli chiede del fenomeno Ferrante, Ferrari fa capire (“avete avuto un gran culo”) come probabilmente sia nato un po’ per caso e non con la tradizionale pianificazione da grande gruppo.

Infine, sempre sul crinale letterario tra antico e moderno, nella trasformazione editoriale tra carta e digitale, invece di impiegare un’altra pagina di diatribe intellettuali, vi lasciamo con una massima di Tony Wheeler che 50 anni fa co-fondò assieme alla moglie Maureen il celebre marchio di guide di viaggio Lonely Planet. Somigliante a Michael Palin, presente a al Salone di Torino, il 76enne Wheeler, sollecitato da Vinicio Capossela su un’opinione in merito al perché dover comprare ancora una guida cartacea quando sul pc e lo smartphone si può trovare ogni informazione vacanziera, ha risposto: “I libri non hanno le batterie che si scaricano”. Fargli un monumento, no?

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