Altro che appalti più veloci: “Così si torna indietro di 40 anni“. Sulla sicurezza sul lavoro, sulla legalità, sui dispositivi antimafia. Per questo sabato primo aprile Cgil e Uil scenderanno in piazza a Torino, Roma, Napoli, Cagliari e Palermo contro il nuovo codice degli appalti. Hanno già annunciato la presenza alle manifestazioni il Pd e l’Alleanza Verdi-Sinistra. Il M5s ha annunciato che in Parlamento farà le “barricate” contro il provvedimento varato dal ministro per le Infrastrutture Matteo Salvini. “Se non arriveranno risposte – dice a Repubblica Alessandro Genovesi, segretario generale di Fillea Cgil, la categoria degli edili – dal primo luglio, quando il nuovo Codice degli appalti entrerà in vigore, siamo pronti ad avviare una stagione di vertenze sindacali e legali a partire dalle responsabilità delle stazioni appaltanti: Comuni, Regioni, Anas, Ferrovie. Qui siamo passati dal fare presto e bene, a spendere a prescindere e non per forza bene”. Il segretario regionale della Cgil in Calabria, Angelo Sposato, aggiunge che il nuovo codice di Salvini “riporta il Paese indietro di trent’anni, vanificando la lotta alle mafie. Un pericoloso arretramento nel duro lavoro per l’affermazione della legalità. Il subappalto a catena verrà scaricato sulla sicurezza dei lavoratori. Vergognoso!”. Per Pierpaolo Bombardieri, leader della Uil, così ci saranno “gare al massimo ribasso e si rischia di indebolire tutto ciò che si è provato a costruire per la sicurezza sul lavoro e per l’applicazione dei contratti, soprattutto nell’edilizia. La logica della semplificazione che si scarica sempre sui lavoratori non è più accettabile”.

Annuncia la presenza in piazza al fianco dei sindacati la capogruppo del Pd alla Camera Chiara Braga: “Sul tema degli appalti, che sono così importanti per i lavori e i servizi di questo Paese, questo governo ci sta riportando alla stagione della legge Obiettivo – dice a Radio Immagina – Noi pensiamo si debba fare una battaglia e saremo al fianco delle forze sociali, ad esempio i sindacati, che chiedono proprio su questo tema regole diverse che garantiscano la qualità del lavoro, la concorrenza e il rispetto della normativa”. “Il leader della Lega sta cercando in tutti i modi visibilità e questa volta lo fa nel peggiore dei modi – aggiunge il senatore Tito Magni per Sinistra-Verdi – La proposta è a dir poco irricevibile: da una parte mantiene le tutele acquisite negli anni e dall’altra le toglie con l’allungamento senza limiti della catena del subappalto, l’assegnazione diretta e gli affidamenti sotto soglia. Di subappalto in subappalto sarà sempre più difficile verificare le condizioni dei lavoratori e delle lavoratrici, il rispetto dei contratti e si creeranno non solo maggiori difficoltà nella prevenzione degli infortuni ma anche lavoro nero e precario. Oltre al rischio fortissimo di incentivare il riciclaggio, le infiltrazioni mafiose e il dumping al ribasso sui costi”. Marco Simiani, capogruppo democratico in commissione Ambiente a Montecitorio, fa notare che “un conto è rendere più trasparenti e veloci le procedure, anche potenziando gli organici delle Pa e con la digitalizzazione; altra cosa è la completa deregulation voluta dalla destra. Con l’innalzamento delle soglie oltre le quali è obbligatoria la gara, circa il 98% degli appalti potrà essere affidato senza un procedimento di aggiudicazione trasparente e al quale tutti gli operatori possano partecipare. Parliamo di una torta da 18,9 miliardi di euro all’anno“. La conclusione, sottolinea, è che così “a mancare non solo la sana concorrenza tra le imprese, e di conseguenza anche possibili impatti negativi relativi alla qualità dell’opera o dei lavori o servizi che si appaltano, ma si corre il rischio concreto che questa massa di denaro susciti pericolosi appetiti sui quali l’Anac, il cui ruolo di controllo viene ridimensionato, non potrà adeguatamente vigilare”. “Così anche in materia di appalti usciamo dalla pandemia peggio di come eravamo entrati: le deroghe attuate in tempo di Covid ora diventano la regola” taglia corto il deputato Franco Mari, capogruppo Sinistra-Verdi in commissione Lavoro alla Camera.

Le critiche arrivano anche da Italia Viva ma non per gli stessi motivi. “Questo nuovo codice punta a far saltare l’applicazione del piano nazionale di ripresa e resilienza” spiega infatti l’ex ministra Teresa Bellanova. “La legge delega che ho seguito per il governo Draghi – spiega – puntava alla semplificazione. Il codice degli appalti presentato dal governo Meloni, con i suoi 229 articoli, complica la vita delle imprese. Le aziende dovranno confrontarsi con 3 procedure diverse, una per Pnrr, una per le opere commissariate, una per gli appalti. Italia Viva dice al governo di uscire dalla propaganda e di misurarsi con la vita reale del Paese”. Carlo Calenda, leader di Azione, in un’intervista a Cinque minuti (il programma post Tg1 di Bruno Vespa) dice nella stessa frase che il nuovo codice “non gli piace” ma anche che ci sono “cose che condivido. E sono delle semplificazioni che non toccano il processo autorizzativo, che è quello che non funziona in Italia, ma quelle semplificazioni le condivido, perché non dovrei dirlo? Perché le ha fatte la destra? E’ un modo stupido di pensare”.

C’è chi è soddisfatto e non sta al governo. E’ il segretario generale della Filca-Cisl, Enzo Pelle, che definisce il codice appalti un passo in avanti importante per il settore, ma ritiene utili correttivi e affinamenti. “Il Codice tende a garantire l’interesse prioritario alla realizzazione delle opere, e al contempo a favorire e tutelare i diritti dei lavoratori. Riteniamo utili alcuni correttivi e affinamenti – dichiara Pelle – per rendere questo strumento ancora più equo ed efficace, a garanzia della qualità del lavoro e delle risorse pubbliche in un’ottica di sostenibilità non solo ambientale ma anche e soprattutto economico-sociale”.

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Nella foto in alto – Nell’ordine il segretario della Fillea-Cgil Alessandro Genovesi, il vicepremier Matteo Salvini e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri

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