Un nuovo video diffuso sui social mette sotto accusa gli agenti di guardia al centro di raccolta di migranti, in Messico, nel quale martedì è scoppiato l’incendio che ha ucciso 39 persone tra quelle ospitate. Nelle immagini, rilanciate dai media locali, si vedono due agenti dell’Istituto nazionale delle migrazioni (Inm) di Ciudad Juarez che, dopo lo scoppio dell’incendio, se ne vanno mantenendo bloccate le uscite. Una mossa che ha di fatto intrappolato le persone dentro la struttura e che potrebbe essere tra le cause dell’alto bilancio di vittime: 68 tra morti e ustionati gravi.

I migranti, provenienti dall’America Centrale e dal Venezuela si trovavano in stato di fermo. Sono stati loro, secondo la ricostruzione di diverse fonti, ad aver appiccato il rogo dando fuoco ad alcuni materassi posizionati proprio vicino all’uscita, come raccontato anche dal presidente messicano Andrés Manuel López Obrador: un modo per protestare contro le condizioni di detenzione nelle quali erano costretti. Quest’ultimo video, però, sembra smentire la ricostruzione del Capo di Stato: nei 32 secondi diffusi si nota che i migranti si trovavano all’interno delle celle da dove hanno cominciato a manifestare. È da una di esse che successivamente si levano le fiamme e un denso fumo, mentre qualcuno cerca invano di aprire uno dei cancelli bloccati.

Sulla questione è intervenuto anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che attraverso il proprio portavoce Stéphane Dujarric, dopo essersi detto “rattristato” per l’accaduto, ha dichiarato che è necessaria una “indagine approfondita su questo tragico evento”. E ha poi aggiunto che l’Onu continua a lavorare “per stabilire rotte migratorie più sicure, più regolamentate e organizzate” e ha inviato le condoglianze alle famiglie delle vittime.

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