La Tunisia si trova ormai ad un passo dal tracollo economico. Il paese nordafricano, che soffre da anni una forte crisi economica a causa del caos politico e della pandemia da Covid-19 oltre che della scarsità di generi alimentari e di carburante derivante dalla guerra in Ucraina, oggi si trova in una posizione di disperato bisogno di aiuti finanziari internazionali, sollevando quindi timori sulla sua insolvenza sul debito e su un suo, sempre più probabile, collasso finanziario.

Nel dicembre scorso il Fondo monetario internazionale (Fmi), dopo mesi di colloqui tra i suoi funzionari e il governo tunisino, ha preso la decisione di congelare il prestito da 1,9 miliardi di dollari che aveva promesso al presidente Kais Saied in cambio di politiche di austerità, compreso il taglio ai servizi pubblici e ai sussidi alimentari ed energetici. Come se non bastasse, il 7 marzo la Banca mondiale ha annunciato la sospensione del Country Partnership Framework, dichiarando in una nota la volontà di bloccare la sua cooperazione con Tunisi a seguito dei commenti “razzisti, e persino violenti” che il presidente tunisino Saied aveva lanciato contro i migranti sub-sahariani presenti nel paese.

La crisi economica e il ruolo del Fmi – Dal 2011 l’economia tunisina è colpita da una forte crisi, alimentata soprattutto dalla corruzione istituzionale dilagante e dal caos politico del periodo post rivoluzionario. La situazione è però ulteriormente peggiorata negli ultimi anni, con un’inflazione annua della moneta locale sopra il 5% dal 2017 e una disoccupazione al 15,2%. Negli ultimi mesi l’inflazione dei beni alimentari ha raggiunto poi un tasso record del 15,6%, il dato più alto dal 1990, e articoli come zucchero, latte, olio vegetale e riso scompaiono periodicamente dai supermercati.

Nel 2022 la Tunisia ha quindi avviato trattative con il Fmi per il prestito da 1,9 miliardi di dollari volto ad arginare la crisi di liquidità e salvare il paese dal tracollo finanziario. L’accordo mira infatti a risanare il paese dalla sua lunga crisi economica, facilitando la fornitura di alimenti e prodotti energetici, il pagamento dei salari e il servizio del debito. Il Fmi, per sbloccare il prestito, ha chiesto a Tunisi di ridurre la crescita dei costi salariali pubblici, di eliminare gradualmente i sussidi energetici con aumenti regolari dei prezzi e di sostenere la riscossione delle tasse, rafforzando al contempo la rete di sicurezza sociale.

Il bilancio della Tunisia per il 2023 prevede quindi di ridurre il deficit fiscale al 5,2%, da una previsione del 7,7%, aumentando le tasse per diverse professioni, tra cui avvocati, ingegneri e contabili, dal 13% al 19% e diminuendo la spesa salariale nel settore pubblico di un punto percentuale. Inoltre, sempre durante il 2023, il governo conta di ridurre la spesa per i sussidi del 26,4%, soprattutto per i sostegni energetici e alimentari, aumentando addirittura i prezzi dell’acqua potabile.

Il più grande sindacato del paese, l’Ugtt, ha però dichiarato guerra alle politiche di austerità portate avanti dal governo tunisino bloccando l’intero paese con scioperi e manifestazioni e riuscendo addirittura ad ottenere un aumento del 5% dei salari dei dipendenti del settore pubblico. Il Fondo monetario ha quindi segnalato che non andrà avanti con il piano di salvataggio richiesto da Tunisi a meno che il governo non coinvolga il sindacato, in aperta opposizione con Saied e le sue politiche sempre più autoritarie.

Il ruolo dell’Italia e dell’Ue e la crisi migratoria – Uno degli effetti più immediati di questa crisi economica, almeno per l’Europa e l’Italia, è il rischio di una forte destabilizzazione dell’intera area mediterranea, che potrebbe scatenare una nuova ondata di migranti verso la penisola. Da inizio 2023 l’Italia ha infatti accolto più di 20mila migranti e, secondo i dati delle Nazioni Unite, 12mila di coloro che hanno raggiunto il suolo italiano quest’anno sono salpati dalla Tunisia, contro i 1300 dello stesso periodo del 2022.

Inoltre, secondo i dati del Forum per i diritti sociali ed economici della Tunisia, la guardia costiera tunisina ha impedito a più di 14mila migranti di imbarcarsi verso le coste italiane durante i primi tre mesi di quest’anno, rispetto ai 2900 dello stesso periodo dell’anno scorso. L’Italia ha quindi esortato, per tramite il ministro degli esteri Antonio Tajani, la direttrice del Fmi Kristalina Georgieva a mostrare maggiore flessibilità nelle trattative per evitare un possibile collasso economico del paese nordafricano: “Ho ribadito la necessità che il Fondo intervenga rapidamente a favore della stabilità tunisina e della crescita con un sostegno economico e finanziario”, ha spiegato Tajani in audizione il 23 marzo alle commissioni Esteri di Camera e Senato sugli esiti dell’ultimo Consiglio Esteri Ue aggiungendo che “la migrazione irregolare incontrollata può essere ridotta solo migliorando le condizioni di sicurezza e stabilità economica” del paese nordafricano.

Sulla stessa posizione si trova anche l’Unione europea. “La situazione in Tunisia è molto, molto pericolosa”, ha detto il commissario alla politica estera Josep Borrell dopo una riunione dei ministri dell’Ue a Bruxelles il 20 marzo, a margine della quale la Commissione ha incaricato i ministri degli Esteri di Belgio e Portogallo di visitare la Tunisia per “valutare la situazione e tornare con un rapporto che guiderà i passi futuri” dell’Ue, oltre che a discutere la cooperazione sulla migrazione irregolare. Martedì 21 marzo però il ministero degli Esteri tunisino ha respinto i commenti del commissario Ue Borrell definendoli “esagerati, sia in considerazione della consolidata resilienza del popolo tunisino nel corso della sua storia, sia in considerazione della minaccia di migrazione verso l’Europa dal sud”. Il 27 marzo il commissario per gli Affari economici Ue, Paolo Gentiloni, è comunque atteso a Tunisi per un incontro con il presidente tunisino Kais Saied volto alla discussione delle modalità di una potenziale nuova operazione di assistenza finanziaria, che la Commissione Ue potrebbe prendere in considerazione se saranno soddisfatte le condizioni preliminari. La premier italiana Meloni si è detta soddisfatta del fatto che sulla questione migratoria c’è stato “un cambio di passo” da parte delle istituzioni europee, spiegando che “la migrazione rimane una priorità degli obiettivi dell’Ue”.

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