Guardando all’evento dalla prospettiva degli osservatori delle vicende centro asiatiche, la visita di Xi Jinping in Russia ha messo nella stessa stanza il leader del paese che sta progressivamente modificando lo status quo nella regione – la Cina – e quello dello storico deus ex machina di quanto si muove nell’area – la Russia guidata da Vladimir Putin. L’attesa non è stata tradita, perché gli inquilini dei palazzi del potere di Mosca e Pechino hanno per la prima volta rilasciato una dichiarazione congiunta che getta una luce sui piani delle due potenze per l’Asia Centrale.

Durante un meeting dedicato principalmente alla vicenda ucraina e alla relazione bilaterale tra la Federazione russa e la Repubblica Popolare, non è infatti mancata l’occasione per un comunicato che per le cancellerie centro asiatiche deve essere suonato come un monito. In sostanza è stato messo nero su bianco che Mosca e Pechino si impegnano a incrementare i loro sforzi coordinati per supportate le repubbliche regionali nella difesa della loro sovranità e che, punto cruciale del testo, vi è la volontà di non accettare tentativi di forze esterne di destabilizzare la regione. Si tratta di un chiaro segnale che Russia e Cina vedono i rapporti con l’Occidente sempre più compromessi e che la difesa della propria sfera d’influenza va portata avanti senza esclusione di colpi. Venendo all’Asia Centrale, quest’ultima è quindi sempre più vista come un’area nella completa disponibilità di Mosca e Pechino, dalla quale è necessario tenere lontani attori esterni come Turchia, Stati Uniti, Unione Europea e Nato.

Nelle capitali centro asiatiche, perlomeno in alcune di esse, la digestione di questa presa di posizione è sicuramente stata complessa. In primo luogo, ma questo non è un elemento totalmente inedito, perché Putin e Xi Jinping hanno tratteggiato la loro strategia per la regione senza che i leader locali fossero presenti. In secondo luogo, nel medio periodo, qualora l’intesa tra Mosca e Pechino rispetto all’Asia Centrale tenesse, questo andrebbe a tutto svantaggio dello sviluppo regionale. Quello attuale è infatti il momento in cui l’apertura di alcune repubbliche dell’area è ai massimi storici, Kazakistan e Uzbekistan su tutte. Dalla fine dell’Unione Sovietica, complice anche il rischio di isolamento che una troppo stretta vicinanza alla Russia porta con sé, non si era mai riscontrata una tale frenesia all’accrescimento dei rapporti internazionali da parte di Astana e Tashkent. Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, ad esempio, il Segretario di Stato statunitense Antony Blinken ha compiuto la sua prima visita nella regione, toccando proprio Kazakistan e Uzbekistan e ribadendo l’attenzione che gli Stati Uniti prestano alla sovranità e all’integrità territoriale dei partner locali. Dalla visita del funzionario americano non sono emersi significativi elementi concreti, ma è stata un’occasione indicativa della “fame” di nuovi partner sentita nella regione. Si tratta di sforzi che però il coordinamento strategico rispetto all’Asia Centrale della Federazione russa e della Repubblica Popolare potrebbero rendere vani, limitando fortemente e ancora più che in passato la libertà di agire autonomamente dei governi regionali. Che potrebbero trovarsi con le mani legate.

Vi è da dire, però, che un’altra notizia emersa durante la due giorni russa del presidente cinese potrebbe rappresentare già una prima crepa nell’impalcatura strategica messa in piedi dai due leader. Mentre Xi Jinping si trovava a Mosca, infatti, la Cina ha invitato ufficialmente le cinque repubbliche centro asiatiche a prendere parte al primo summit congiunto in presenza che si terrà nel mese di maggio – la data ufficiale ancora non è stata comunicata – a Pechino. Stando all’agenzia media ufficiale del Tagikistan, Khovar, il presidente cinese avrebbe sottolineato la volontà di presentare le grandi iniziative che la Repubblica Popolare ha sviluppato per approfondire la propria relazione con la regione. Anche se dell’incontro si parlava già da tempo, il fatto che l’ufficialità sia trapelata, come detto, nel momento in cui Xi Jinping e Putin erano a stretto contatto, la dice lunga sui passi avanti che la Cina ha compiuto negli ultimi anni relativamente alla propria influenza in Asia Centrale.

A fare le spesa della situazione descritta è probabile che siano, come anticipato, soprattutto Kazakistan e Uzbekistan. Detto che i loro margini di manovra sono comunque limitati da fattori di natura storica, geografica, economica, politica e militare, la tendenza degli ultimi anni, fatta di apertura verso l’esterno perlomeno nella dimensione economica, potrebbe essere interrotta. Sul fronte domestico, invece, l’intesa russo-cinese sulla regione e l’isolamento che ne potrebbe conseguire sembrano destinati a favorire un ulteriore consolidamento dei regimi dell’area, soffocando sul nascere qualsiasi potenziale spinta democratica. Senza dubbio uno degli scenari peggiori per i quasi ottanta milioni di cittadini delle repubbliche dell’Asia Centrale.

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