La mega indagine contro la ‘ndrangheta lombarda, chiamata Crimine-infinito (nomen omen), è figlia di una precedente inchiesta fatta saltare da una fuga di notizie. Lo ha raccontato Alessandra Dolci, capo della direzione distrettuale antimafia di Milano e magistrata simbolo della lotta alle ‘ndrine del Nord, durante un convegno tenuto nella sede milanese di Bankitalia con Giancarlo Caselli e Ilaria Moroni, direttrice dell’Archivio Flamigni, coordinato da Lorenzo Frigerio, nell’ambito della mobilitazione organizzata da Libera lo scorso 21 marzo, giornata dedicata alle vittime di mafia.

La rivelazione della magistrata si riferisce a fatti avvenuti tempo fa, cioè precedenti al luglio del 2010 quando prese il via l’indagine Crimine-Infinito. Dunque archiviati e superati dalla forza di un’inchiesta che ha fatto comprendere il carattere federativo della ‘ndrangheta in Lombardia: centralità delle regole e decentramento delle azioni, non una struttura gerarchica come Cosa nostra, proprio per questo più capace di espandersi e meno rigida.

Tuttavia quella piccola rivelazione che ci consegna la dottoressa Dolci ha tutto il sapore della fatica della battaglia contro l’anti Stato: per la fuga di notizie si sospettarono uomini degli apparati investigativi. Di sicuro saltò tutto. Gli ‘ndranghetisti erano stati avvisati delle cimici sparse ovunque e chi ascoltava le intercettazioni capì l’alterazione dei discorsi. A quel punto c’era una sola strada da prendere: chiudere tutto. Uno spreco enorme di risorse e di energie che per fortuna, in quel caso, non finì lì.

Del resto sul lato calabrese le indagini della locale Dda vennero sabotate, come è ampiamente noto, da un personaggio di nome Giovanni Zumbo, dottore commercialista e amministratore dei beni confiscati dal 1992 al 2007 e informatore dei mafiosi. Il gioco, anche lì, non riuscì e Zumbo si beccò la condanna per concorso esterno (lo racconta lo storico Enzo Ciconte in ‘Ndrangheta padana). Dunque lo Stato vince sempre? Affatto. La stessa Dolci racconta una nuova mafia ‘liquida’ che entra nel flusso economico e finanziario del Paese e ottiene consenso e rispetto sociale. Un’analisi amarissima alleggerita dall’invasione delle strade di Milano da parte di una comunità antimafia vivace e determinata a resistere.

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