La scorsa settimana, i media di opposizione russa sono stati scossi da uno scandalo su un’ennesima indagine della Fondazione Anti-corruzione (Fbk) fondata da Alexei Navalny, l’oppositore di Putin detenuto in un carcere a regime severo a Melekhovo. Ma questa volta l’indignazione non è stata diretta, come al solito, alla persona indagata, ma agli stessi alleati di Navalny. Sta di fatto che Alexei Venediktov, il caporedattore della principale radio di opposizione in Russia Ekho Moskvy (chiusa dalle autorità un anno fa) che da tempo critica il Cremlino e si oppone apertamente alla guerra in Ucraina, è stato accusato di corruzione: i membri della Fbk affermano che l’ufficio del sindaco di Mosca ha pagato a Venediktov quasi 700 milioni di rubli per aiutare a falsificare le elezioni della Duma di Stato del 2021. Tuttavia, a differenza delle loro precedenti indagini di alta qualità, qui le prove si sono rivelate traballanti.

Venediktov ha dimostrato che i soldi sono andati alla pubblicazione della rivista per il municipio e ha fornito spiegazioni per ogni centesimo. Pertanto la maggior parte dei commentatori non ha visto nulla di riprovevole nei fatti scoperti. La squadra di Navalny però ha fatto passare una serie di coincidenze come conseguenze e ha accusato il giornalista di essere un ladro, spingendo molti a credere che con la loro “indagine” stessero cercando di regolare i conti con Venediktov, con il quale hanno un conflitto di lunga data. Ciò ha solo alimentato il sospetto che mentre il leader e ispiratore ideologico del movimento, il politico Alexei Navalny, è in prigione, i suoi associati stiano perdendo sempre più il contatto con lui e stiano iniziando a utilizzare il potenziale politico che aveva accumulato non per contrastare il regime di Putin, ma per eliminare gli avversari politici.

In risposta alle accuse, Venediktov ha reso pubblico il fatto che il capo della Fbk, Leonid Volkov, aveva segretamente inviato delle lettere alla Commissione europea chiedendo di revocare le sanzioni contro alcuni oligarchi russi — e questo nonostante sia stata proprio la Fondazione di Navalny a condannare pubblicamente le stesse persone come “funzionari corrotti e guerrafondai” e ad ottenere dall’Unione Europea sanzioni personali nei loro confronti. A seguito dello scandalo, Volkov si è dimesso da capo della Fbk mentre la spaccatura all’interno dell’opposizione liberale russa è diventata ancora più evidente. Proprio in un momento in cui, sembrerebbe, non c’è niente di più importante che unirsi contro il Cremlino.

Oggi la frattura più profonda ed evidente passa tra la Fbk e letteralmente tutti gli altri oppositori dell’attuale regime. La Fondazione si pone come l’unico negoziatore legittimo con i politici occidentali, per i quali, tra l’altro, compila elenchi di coloro che sono “colpevoli” di questa guerra e sarebbero meritorie di sanzioni. Non sempre i criteri per essere inseriti nella lista sono trasparenti, non è chiaro nemmeno come uscirne; inoltre, si pongono sempre più interrogativi sull’efficacia stessa delle sanzioni personali (invece dell’auspicata scissione delle élite russe, potrebbero, al contrario, portare alla loro mobilitazione attorno al presidente). Ecco perché la richiesta di riconsiderare le sanzioni che Volkov ha firmato in segreto, è stata apertamente sostenuta da molti altri liberali russi: dal politologo e economista Vladislav Inozemtsev, dal caporedattore di Novaya Gazeta e il premio Nobel Dmitry Muratov, dai fondatori del canale di opposizione Dozhd e da altri noti giornalisti, politici e attivisti per i diritti umani con una meritata reputazione.

Ilya Ponomarev e la lotta armata contro il Cremlino – Tra gli oppositori delle liste sanzionatorie vi era un altro personaggio di spicco dell’opposizione russa, considerato però da molti un provocatore ed un avventuriero. Si tratta dell’ex deputato della Duma di Stato Ilya Ponomarev: nel 2014 è stato l’unico a votare contro l’annessione della Crimea e da allora vive fuori dalla Russia. Con lo scoppio della guerra in Ucraina, Ponomarev si è distinto per aver sostenuto una lotta armata contro il Cremlino. Lui sostiene di essere associato a diverse misteriose formazioni militari, come l'”Esercito nazionale repubblicano” che avrebbe rivendicato la responsabilità dell’omicidio di Daria Dugina, con “Libertà alla Russia”, un unità delle forze armate ucraine formata dai russi passati dalla parte ucraina, e con il “Corpo dei volontari russi” che ha recentemente commesso un enigmatico diversivo nella regione russa di Bryansk. A novembre, Ponomarev ha organizzato in Polonia il “Congresso dei deputati del popolo”, cioè dei ex deputati russi che hanno condannato la guerra. Secondo Ponomarev, sono adatti come legittimi rappresentanti della società civile russa, poiché un tempo erano già stati eletti da essa e quindi, dopo la caduta del regime, dovranno prendere il potere (mentre le elezioni si terranno “più tardi”). Al congresso hanno partecipato ex politici come l’oppositore di lunga data Gennady Gudkov e l’avvocato Mark Feygin, oggi più noto come un video blogger che parla regolarmente in streaming con l’ex consigliere dell’ufficio del presidente ucraino Oleksiy Arestovich. L’evento è stato ampiamente criticato, quasi nessuno l’ha preso sul serio a causa dei pochi partecipanti e della dubbia legittimità. Inoltre, gli oppositori russi hanno opinioni divergenti non solo sulla questione delle sanzioni, ma anche sulla necessità di una resistenza armata al Cremlino, quindi molti si sono rifiutati di partecipare al congresso dove alla fine è stata persino richiesta l’eliminazione fisica di Putin.

Ad esempio, Leonid Gozman, attivista e politico russo, che ha lasciato la Russia dopo essere stato minacciato di essere incarcerato, ha rifiutato l’invito proprio per non essere associato alla “chiamata alle armi”. Persino Mikhail Khodorkovsky, l’uomo d’affari e politico russo ha rifiutato di partecipare, anche se una volta ha affermato di essere pronto a unirsi contro Putin anche con il famigerato oligarca Igor Sechin. Khodorkovsky era una delle persone più ricche della Russia, ma sotto Putin ha perso il suo business e la sua libertà: ha trascorso undici anni in prigione per cui Amnesty International lo ha riconosciuto come “prigioniero di coscienza”. Dopo essere uscito di prigione, Khodorkovsky ha intrapreso attività politiche e sociali, ad esempio facendo parte di un’altra piattaforma dell’opposizione, il Forum della Russia libera.

Questo forum in esilio è stato creato dal famoso giocatore di scacchi russo e dissidente politico Garry Kasparov per i sostenitori dello sviluppo democratico della Russia. L’anno scorso, sono stati proprio Khodorkovsky e Kasparov, in quanto politici in opposizione al Cremlino, ad essere stati invitati (al posto della delegazione russa) alla conferenza internazionale sulla sicurezza a Monaco, dove hanno discusso con i leader mondiali del possibile futuro del loro paese. Dall’inizio della guerra, il Forum organizza regolarmente le conferenze anti-guerra a Vilnius. All’ultimo incontro hanno partecipato il figlio di Gennady Gudkov, il politico dell’opposizione e attivista Dmitry Gudkov e Yevgeny Chichvarkin, personaggio pubblico e uomo d’affari che vive da tempo a Londra e si definisce un “anarco-capitalista e libertario”. Oltre agli esiliati politici russi, al congresso hanno assistito il ministro della Difesa lettone Artis Pabriks, l’ex ambasciatore statunitense in Russia Michael McFaul e lo scrittore franco-americano Jonathan Littell. Ilya Ponomarev è stato prima invitato, ma poi gli organizzatori hanno cambiato idea e hanno deciso di prendere le distanze dagli appelli alla violenza.

L’isolamento volontario di Navalny – Nonostante l’opposizione liberale in Russia non perda l’occasione di litigare su ogni questione e quasi tutti gli oppositori di cui sopra siano in un modo o nell’altro in conflitto tra loro, vanno comunque d’accordo su una cosa: sull’opporsi al regime di Vladimir Putin. Ora che è stata scatenata una guerra devastante che sta distruggendo la Russia stessa, l’intera opposizione russa, dai suoi più piccoli rappresentanti ai suoi più grandi attori, concorda sulla necessità di unirsi. Tutti tranne Fbk.

La squadra di Navalny viene invitata a ogni riunione dell’opposizione, ma si rifiuta di collaborare. “Dicono che non vogliono unirsi a nessuno, che faranno tutto da soli”, racconta Maxim Katz, altro politico russo, ex deputato municipale di Mosca del partito di opposizione Yabloko, in una recente intervista. Katz ha aiutato Alexei Navalny e altri politici indipendenti a organizzare le loro campagne elettorali, ma poi ha iniziato a promuovere la propria agenda politica. Ora partecipa periodicamente alle tavole rotonde insieme agli altri oppositori russi in esilio e ai rappresentanti della stampa indipendente russa. “Assolutamente tutti noi abbiamo una visione condivisa: dobbiamo mettere in comune le nostre risorse e l’audience, aiutarci a vicenda, creare una sorta di centro di coordinamento unico per comunicare con la società russa e con i politici europei”, afferma Katz, sottolineando che in Europa c’è una grande richiesta di comunicazione con l’opposizione russa. “C’è solo una struttura che non è d’accordo con questo: Fbk. E dato che Navalny è percepito da tutti come il leader di fatto dell’opposizione russa, non si può competere con lui. Creare un’associazione senza gli alleati di Navalny significherebbe sfidare la loro leadership. Inizieranno immediatamente ad attaccare e si scoprirà subito che qualcuno [di noi] ha preso soldi dal sindaco, un altro lavora per l’FSB e così via”, dice Katz con un sorriso ironico.

Il tema della legittimità – Nel frattempo, come osserva Ekaterina Shulman, politologa russa specializzata nella legislazione della Russia moderna, professore associato di Chatham House, il problema chiave è soprattutto la mancanza di legittimità. Anche se l’opposizione russa riesce finalmente a organizzarsi, sorge una domanda legittima: chi rappresenta? Ad esempio, la legittimità del leader bielorusso Svyatlana Tikhanovskaya si basa sul fatto che alle elezioni, secondo alcune stime, gli elettori hanno votato per lei molte volte più che per Lukashenka. Alexei Navalny avrebbe una simile legittimità perché ha partecipato alle elezioni ufficiali, ha vinto un gran numero di voti e ha creato una struttura politica: una rete di sedi regionali che ha influenzato i processi politici in Russia. Però, secondo Shulman, tutto ciò avrebbe importanza “se Navalny fosse libero o fuori dal Paese, che è la stessa cosa ai nostri tempi”.

Il problema è proprio che oggi si può essere politici russi solo in carcere o all’estero. Tutti quelli sopra menzionati, in Russia, sono stati dichiarati agenti stranieri o estremisti, sono perseguiti o ricercati, e quindi hanno tutti lasciato il Paese. Coloro che rimangono in Russia stanno scontando il tempo in prigione: Navalny è stato condannato a 9 anni, il suo collega Ilya Yashin a 8,5 anni, un altro noto politico dell’opposizione Vladimir Kara-Murza attende da un anno la sua condanna in carcere. Secondo Human Rights Watch, non c’è mai stata una repressione e una censura così dura nella storia della Russia moderna.

I casi Lobanov e Roizman – A giugno a San Pietroburgo, si è tenuto un forum liberale, che, a differenza di molti altri, non è stato sciolto dalla polizia, solo perché i partecipanti lo hanno tenuto in segreto. Alcuni importanti politici dell’opposizione, economisti, filosofi e attivisti per i diritti umani sono riusciti a riunirsi all’evento, ma non è chiaro se sia possibile ripetere questo formato in futuro. C’era presente anche un politico e attivista sindacale Mikhail Lobanov, che aiuta gli oppositori a essere eletti deputati municipali. Lobanov è uno degli ultimi politici che rimangono in Russia e non nascondono la posizione contraria all’invasione dell’Ucraina. Nell’ultimo anno è stato arrestato diverse volte, l’ultima volta la polizia ha sfondato la porta dell’appartamento e lo ha interrogato e picchiato per diverse ore. Ma Lobanov crede che in patria possa comunque fare di più che all’estero.

Un altro aperto oppositore, l’ex sindaco di Ekaterinburg Yevgeny Roizman, fino a poco tempo fa rimaneva protetto dalle repressioni a causa di un ampio sostegno popolare, ma la scorsa settimana è stato arrestato pure lui — per un post che non ha pubblicato su un social network in cui non è registrato. “La nostra giustizia ha raggiunto uno stadio di sviluppo in cui né il corpus delicti, né l’evento del crimine, né lo stesso sospettato, sono necessari per punire una persona“, ha scritto il giornalista indipendente russo Anton Orekh, che considera l’arresto di Roizman come un inequivocabile proposta di lasciare il paese. “O lui, come Gozman, parte o, come Yashin, va in prigione. Per cosa? Ma per qualsiasi cosa.”

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