I social, i risparmiatori, Twitter. Mancano giusto alieni e cavallette tra i motivi indicati dalla dirigenza di Credit Suisse per spiegare il collasso della banca. Inesistenti assunzioni di responsabilità e riconoscimenti degli errori passati per manager che sono comunque riuscirti a farsi confermare i bonus, nonostante le ingenti risorse che il governo, e quindi i cittadini svizzeri, pagheranno per salvare il salvabile. Il governo elvetico si è impegnato a far fronte ad eventuali perdite risultati dall’operazione con Ubs fino a 100 miliardi di franchi, un terzo del Pil del paese. Ossia una spesa potenziale di 12milla e 500 franchi svizzeri per ogni cittadino della confederazione.

Secondo i vertici della banca voci circolate su Twitter e sui social lo scorso autunno hanno innescato una immotivata corsa a ritirare i depositi da parte dei risparmiatori che hanno mandato la banca a gambe all’aria. Il presidente Axel Lehmann ha affermato che “lo scorso autunno abbiamo avuto una tempesta sui social media e questo ha avuto ripercussioni enormi, più nel settore retail che in quello wholesale, e il troppo diventa troppo. Ed è per questa ragione che siamo arrivati ​​a questo punto”. Vale la pena ricordare quanto ebbe a dire dal governatore della Banca d’Inghilterra, Mevyn King, Iniziare una corsa agli sportelli è irrazionale ma quando inizia è irrazionale non prendervi parte”. E ancora sarebbe utile ricordare che la speculazione può tanto ma non può tutto. Sfrutta debolezze che esistono già più che crearle. Ai piani alti di Zurigo di mea culpa dovrebbero recitarne dunque un bel po’. Ricordiamo quindi i principali.

Negli ultimi due anni gli asset a bilancio di Credit Suisse si sono praticamente dimezzati scendendo da oltre mille a 570 miliardi di dollari. Nel marzo del 2021 l’hedge fund Archegos dell’imprenditore statunitense Bill Hwang fallisce a causa di errate scommesse sul mercato azionario, finanziate con un’altissima leva. ossia i soldi che venivano investiti erano quasi tutti prestati. Chi prestava i soldi al fondo? Credit Suisse più di tutti gli altri e infatti la banca porta a casa dal crac perdite per 5,5 miliardi di dollari, le più grandi della sua storia secolare. Il marzo 2021 è un mese terribile per la banca svizzera. Scoppia anche il caso Greensill Capital, società specializzata nell’acquisizione di crediti e la loro successiva ricollocazione in fondi d’investimento esterni con cui la banca svizzera ha stretti rapporti, in particolare ha investito in quattro fondi della società classificati “a basso rischio”, 10 miliardi di dollari di mille dei suoi clienti più facoltosi. Soldi solo in parte recuperati dopo la bancarotta di Greensill. Dall’inchiesta che ne è seguita è emerso tra l’altro come Credit Suisse abbia fornito all’ autorità di vigilanza svizzera (Finma) “informazioni in parte false ed eccessivamente ottimistiche” in merito alla sua esposizione nella società Greensill.

Credit Suisse è una delle banche più multate di sempre, per comportamenti non di rado piuttosto spregiudicati. Dal 2000 ad oggi ha messo in fila sanzioni da varie autorità per complessivi 11 miliardi di dollari. Tra le ragioni delle multe ci sono anche l’aver consentito a spacciatori di droga di riciclare denaro in Bulgaria, truffa a danno di investitori in relazione ad un caso di corruzione in Mozambico, fuga di dati dei clienti. Da inchieste giornalistiche su cui non è per ora stato avviato un procedimento legale in Svizzera, è emerso come tra i depositari del gruppo svizzero ci siano stati in passato anche narcotrafficanti, politici corrotti e organizzazioni criminali oltre a soggetti che violavano diritti umani con depositi complessivi per 100 miliardi di dollari.

Come molte istituzioni finanziarie svizzere (e non solo), Credit Suisse è stata molto attiva nell’organizzare schemi e strutture per proteggere le ricchezze dei clienti più facoltosi dalle pretese del fisco. Tutto legale, o quasi. Il dipartimento di Giustizia statunitense sta indagando per capire se la banca elvetica Credit Suisse abbia continuato ad aiutare i clienti a nascondere ricchezze al fisco, otto anni dopo aver pagato 2,6 miliardi di dollari per chiudere un contenzioso per evasione fiscale e impegnandosi a porre fine a queste pratiche. Queste pratiche naturalmente danneggiano la comunità sottraendo gettito che serve per finanziare i servizi pubblici. Quella stessa comunità che ora pagherà per salvare la banca. Ma certo, è colpa di Twitter.

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