Investimenti significativi in istruzione e formazione del personale e attrazione di migranti qualificati per soddisfare la domanda di lavoro generata dal Pnrr. E’ quanto chiede un paper di Gaetano Basso, Luigi Guiso, Matteo Paradisi e Andrea Petrella pubblicato sul sito della Banca d’Italia, che analizza l’impatto dell’occupazione dal piano. “Parte della domanda di lavoro potrebbe essere soddisfatta attingendo dal bacino dei disoccupati, pari a 1,9 milioni nel terzo trimestre del 2022″, si suggerisce. “I colli di bottiglia potrebbero essere più facilmente prevenuti attraverso politiche di formazione mirate in settori caratterizzati da competenze più rapidamente assimilabili, come ad esempio alcuni comparti delle costruzioni. Interventi di formazione sarebbero necessari anche per facilitare il reimpiego dei disoccupati: quasi il 50 per cento di essi dichiara di non avere un impiego da più di 12 mesi”.

Considerata anche la dinamica demografica negativa, “l’aumento della partecipazione al mercato del lavoro, già in atto nel corso dell’ultimo biennio, e flussi migratori consistenti possono compensare, almeno in parte, questo” andamento. Ma in alcuni settori potrebbe essere più difficile garantire livelli di competenze adeguati alla domanda generata dal Pnrr. “Questo è vero soprattutto in settori quali la ricerca e sviluppo e la produzione di computer, apparecchi elettrici e ottici. Per compensare l’aumento di domanda di competenze analitiche e specializzate si renderebbero quindi necessari investimenti significativi in istruzione e in politiche attive. Politiche migratorie finalizzate all’attrazione di personale qualificato potrebbero rappresentare un canale prioritario per l’aumento dell’offerta di lavoro nel breve periodo in un contesto di perdurante emigrazione di italiani laureati e flussi in ingresso di stranieri caratterizzati da bassi livelli di istruzione”, conclude il paper.

Qualche esempio? Per i progetti serviranno almeno 27mila programmatori informatici in più. Nella produzione di computer, elettronica e ottica e nella ricerca e sviluppo, la variazione (+12mila occupati) sarebbe superiore al 10 per cento dell’occupazione del 2019 e rappresenterebbe una marcata inversione di tendenza rispetto all’andamento osservato tra il 2014 e il 2019.

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