“Bastardo assassino, crepi pure nel suo sciopero” scrive su Twitter l’amministratore delegato del gruppo Ambrosetti Valerio De Molli che poi si premura anche di retwittare il suo stesso tweet. Il riferimento è al detenuto anarchico in sciopero della fame Alfredo Cospito.

Cospito ha commesso dei reati (non l’assassinio) e per questo è stato condannato. Sta scontando la pena dell’ergastolo, per di più con il regime del 41bis, quindi una reclusione più dura e che azzera i contatti con l’esterno, contro cui il detenuto ha indetto uno sciopero della fame ritenendola ingiusta. Come in tutti i sistemi giuridici più evoluti, anche in Italia la pena di morte non è contemplata. Più in generale la pena risponde a tre istanze differenti. La tutela della società, la legittima richiesta di giustizia di chi ha subito un torto, ma anche la rieducazione di chi ha commesso il reato nell’ottica di poterlo presto o tarsi reintegrarlo nella società. Naturalmente nel caso dell’ergastolo i primi due punti prevalgono sul terzo.

Laureato in economia all’università Bocconi di Milano, un giorno all’anno De Molli vede brevemente accendersi su di sè i riflettori dei media poiché la società che dirige organizza il Forum di Cernobbio dove, a inizio settembre, intervengono manager e politici italiani e internazionali. In pochi caratteri De Molli spazza via metà dei principi base dell’ordinamento penale. Il primo tweet è del 4 febbraio ma poi De Molli lo rilancia sul social e replica ad altri utenti. Abbiamo così una vera e propria riscrittura del codice penale in cui le lesioni diventano omicidi e i tentativi di reato equivalgono al reato compiuto.

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