Gli autisti che si occupano delle consegne di pacchi Amazon e che “obbediscono” agli algoritmi che muovono la logistica del colosso dell’e-commerce, devono essere considerati dipendenti. Almeno questo è quello che hanno deciso i giudici spagnoli rigettando l’argomentazione della società secondo cui Amazon è un “semplice intermediario” che collega distributori e venditori. La questione riguarda nello specifico il programma Amazon Flex, introdotto inizialmente negli Stati Uniti e poi esportato anche in Spagna che prevede di pagare autisti che utilizzano mezzi propri.

Nel paese iberico il programma è stato chiuso nel 2021 dopo che Madrid ha adottato normativa di maggior tutela per questo tipo di rapporti di lavoro e per i ciclo fattorini. Tuttavia la sentenza, la prima di questo genere, se confermata, obbligherebbe Amazon a versare contributi e stipendi arretrati. La società ha annunciato ricorso. Recentemente il gruppo ha annunciato una maxi ondata di licenziamenti che riguarda 18mila persone.

Ieri intanto il Parlamento europeo ha votato una modifica al regolamento della Commissione sui lavoratori che effettuano consegne per piattaforme digitali. Il punto chiave della nuova formulazione è l’inversione dell’onere della prova per cui, in caso di contenzioso, non è più il lavoratore a dover dimostrare di essere subordinato e dipendenti ma è la società che è tenuta a provare il contrario. Oggi sono circa 28 milioni le persone impiegate in questo tipo di mansioni, secondo alcuni calcoli l’inversione dell’onere della prove comporterebbe almeno 5 milioni di assunzioni. La riforma dovrà essere tuttavia negoziata con i 27 stati membri dell’Unione con probabile spaccature anche all’interno delle singole maggioranze di governo.

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