Mi faccio largo tra le terribili notizie di questi giorni, per parlare del 2 ottobre, giornata internazionale della Nonviolenza, collocata nell’anniversario della nascita del Mahatma Gandhi. Mentre scrivo gruppi di obiettori di coscienza manifestano un po’ in tutto il mondo e lo fanno anche a Kiev con una carovana che vede fianco a fianco esponenti russi ed ucraini, l’epicentro riconosciuto della violenza mondiale oggi.

Nella crisi di oggi, la vera crisi è quella del pensiero, come ricorda Edgar Morin, 101 anni, nel suo Réveillons-nous, “Risvegliamoci!” Gandhi allora ebbe un pensiero che non fu solo filosofico, ma anche economico, sociale, di liberazione e patriottico. E oggi guardandoci in giro per il mondo la sua rivoluzione è quella che più a lungo, con grandi contraddizioni e difficoltà, sta reggendo le sorti di un paese immenso come l’India e con una popolazione che sfiora il miliardo e cinquecento milioni.

Mi reco spesso in India per i progetti di sostegno allo studio delle ragazze di Vivere con lentezza, e da europeo, cresciuto nel suo mito, ho scoperto con rammarico che Gandhi viene costantemente commemorato con cerimonie pubbliche e intestazioni di scuole o monumenti, ma che la sua figura è vissuta all’ombra della separazione del suo paese con la nascita del Pakistan, scelta che pagò con la vita, che faceva parte dei patti per ottenere l’indipendenza dal giogo britannico.

Se ci pensiamo oggi l’unica forza che potrebbe fermare la guerra in atto è quella che nasce all’interno dei paesi belligeranti, con il rifiuto da parte delle rispettive popolazioni di continuare a combattere, l’alternativa è un susseguirsi di stragi. È il modo per uscire dal vicolo cieco nel quale siamo incastrati, in cui – come ricorda il settimanale Vita – la parola “pace” diventa sinonimo di “vittoria” e la parola difesa sinonimo di “odio”. Una luce che possiamo ancora tenere accesa, fermandoci a riflettere su quello che possiamo fare individualmente senza farci prendere dal gioco delle contrapposizioni, assicurando come dice Morin la diminuzione di tutto quello che distrugge e conservando tutto quello che salvaguarda e rigenera.

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