Per rappresentare l’eredità del Pci, il simbolo del Pds raffigurava la falce e martello ai piedi della quercia. Fratelli d’Italia, che si richiama ad Alleanza nazionale e al Movimento sociale, ha tuttora la fiamma tricolore nel contrassegno. La “nuova” Lega per Salvini premier schiera l’Alberto da Giussano della “vecchia” Lega Nord e persino il Pd mantiene un ramoscello dell’Ulivo che fu. E Impegno civico, il nuovo simbolo di Luigi Di Maio? Più mestamente ospita il tondino del Centro democratico di Bruno Tabacci, sempiterno micro-partito capace però di sopravvivere in due Parlamenti consecutivi e portare in dote – fin dal lontano 2013 – la preziosa esenzione dalla raccolta delle firme. Un “omaggio” obbligato, quello del ministro degli Esteri, che rappresenta bene le nuove tendenze dell’offerta politica: simboli e sigle usa e getta, prêt-à-porter, creati in quattro e quattr’otto e pensati non per durare, ma per attirare qualche giorno di attenzione mediatica. E che poi, normalmente, spariscono alla vigilia delle elezioni, trovando casa sotto le insegne di soggetti più grandi e strutturati capaci di offrire seggi sicuri ai loro leader.

In questo florilegio di nuove creazioni è difficile trovare qualcosa di originale. A partire da Di Maio, che prima ha chiamato i suoi gruppi “Insieme per il futuro” (un nome che richiama sia “Insieme”, una delle liste del centrosinistra alle elezioni 2018, sia “Futuro e libertà”, il vecchio partito di Gianfranco Fini) e poco più di un mese dopo ha virato su “Impegno civico“, pericolosamente simile alla “Scelta civica” con cui Mario Monti si presentò alle elezioni 2013. A livello locale, peraltro – come ha ricostruito il sito I simboli della discordia – il nome “Impegno civico” è stato già usato da una trentina di liste tra il 2019 e il 2022, mentre “Insieme per il futuro” arrivava a una cinquantina. Il nuovo contrassegno dimaiano, inoltre, è quasi identico a quello di “Italia al centro“, la nuova federazione guidata da Giovanni Toti: blu sopra e arancione sotto, con il nome dei leader a caratteri cubitali e il tricolore a unire le due metà. E nemmeno l’ape stilizzata (che per Di Maio simboleggia l’ambiente) è un elemento inedito: Francesco Rutelli ne aveva messe ben due, quasi identiche, nel simbolo di Alleanza per l’Italia, il partito che fondò nel 2009 (staccandosi dal Pd) proprio insieme a Tabacci, e il cui acronimo, non a caso, era “ApI”.

Altro ottimo esempio di simbolo “cotto e mangiato” è Ambiente 2050, il soggetto fondato dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico d’Incà e dal deputato Davide Crippa, appena fuoriusciti dal M5s. Qui i “prestiti” sono evidenti: il 2050 (anno-obiettivo per la neutralità climatica) è la data che compare anche sul simbolo pentastellato, e – non bastasse – il contrassegno di D’Incà e Crippa è contornato da stelle gialle identiche a quelle della casa madre. Sui bordi del cerchio, poi, ci sono due fascette tricolori (però orizzontali, stile bandiera ungherese) che, unite allo sfondo blu scuro, richiamano da vicino il simbolo di Fratelli d’Italia. Infine c’è il nuovo logo che Matteo Renzi ha iniziato da qualche settimana a proporre in pubblico, diretto discendente di quello di Radio Leopolda: una R rovesciata con la scritta “Renzi” nella parte inferiore e ancora più sotto, molto piccola, “Italiaviva”. Anche se non è certo che quello sarà il simbolo renziano alle elezioni (una lista unica con Calenda e Bonino è ancora possibile) è impossibile non notare che i colori sono sfumature di blu e verde quasi uguali a quelle scelte da Azione.

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