Katia e Maurice Krafft sono morti più di trenta anni fa. Il loro nome non è noto in Italia, ma dovrebbe esserlo: i coniugi Krafft sono stati l’emblema di una passione divorante e di una dedizione assoluta, non soltanto l’uno per l’altro ma soprattutto per quel mistero inquietante e pericoloso che sono i vulcani. Per vent’anni non hanno fatto altro che vivere pericolosamente sul bordo di crateri ribollenti in tutto il mondo come eroi epici di una saga mitica e ora la loro incredibile, irripetibile storia è finalmente cristallizzata in un film, Fire of Love.

Raramente un documentario riesce ad appassionare come un film. In questo caso la vita vera dei Krafft supera la fantasia di qualunque sceneggiatore. Katia e Maurice inseguivano eruzioni spettacolari, incandescenti fiumi di lava, pericolosissime esplosioni piroclastiche e lo facevano vagando per il mondo, dormendo per terra, sui sassi espulsi dalle montagne, o in mezzo alla neve, o sepolti nelle foreste. Dei veri pionieri della vulcanologia ai quali si devono molte delle attuali conoscenze sui giganti ribollenti e capricciosi. Anche al loro lavoro si deve il salvataggio di molte vite, essendo stato possibile prevedere delle catastrofiche esplosioni vulcaniche grazie alle loro osservazioni. Nel bel documentario diretto dalla giovane americana Sara Dosa la coppia vulcanica vaga dall’Etna al Mauna Loa, dal Saint Helen al Goma, passando ovviamente anche per Stromboli e l’Islanda, ma non solo.

Incredibile per molte ragioni, Fire of Love. La prima è che Dosa ha dovuto mettere le mani nelle migliaia di metri di pellicola 16mm e nelle cassette “u-matic” girate da Maurice e rovistare in centinaia di migliaia di diapositive scattate da Katia. La seconda è che i due siano riusciti a girare e scattare immagini tanto sbalorditive con mezzi tecnici degli anni ’70 e ’80 (i droni erano ben al di là da venire). La terza è che una storia tanto particolare, importante per la scienza e parimenti romanticamente struggente giacesse in un archivio per trent’anni. Personaggi social ante litteram i coniugi Krafft, con lui che faceva il “piacione” nei programmi tv e lei che diffondeva alle riviste i propri “selfie” in pose iconiche accanto alla furia della natura geotermica.

Documentario divertente perfino, quando Maurice si incaponisce a volere navigare a bordo di un gommone comprato al mercatino delle pulci in un lago fatto di puro acido, tanto che non riuscirà a fare rilevamenti: le apparecchiature si dissolsero appena immerse. Non era ancora abbastanza. Il chiodo fisso di Maurice sarebbe stato di andare in canoa su un fiume di lava. Una canoa “modificata”, ovviamente, con scafo rinforzato in titanio e amianto. Non ci riuscirà: il 3 giugno del 1991 i coniugi Krafft incontreranno di persona la furia cieca del vulcano giapponese Unzen. Se ne vanno insieme, come avevano cominciato, sul bordo di un vulcano, vivendo la loro più grande passione.

Fire of Love è stato premiato al Sundance Festival e dovrebbe proprio essere premiato anche dal pubblico dei cinema. Sarà nelle sale a partire dal 25 agosto.

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