A uccidere la giornalista palestinese-americana, Shireen Abu Akleh, sono stati gli spari esplosi dalle forze di sicurezza israeliane e non i colpi sparati indiscriminatamente da armi in mano a palestinesi come sostenuto inizialmente dalle autorità dello Stato ebraico. A confermare definitivamente quanto già accertato dai palestinesi e dalle indagini della Cnn e del New York Times, è l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni unite, presentando le conclusioni di un rapporto sull’uccisione della reporter di al-Jazeera e sul ferimento del collega Ali Sammoudi, a Jenin (in Cisgiordania) l’11 maggio del 2022. La risposta del portavoce militare di Israele arriva subito dopo: la reporter “non è stata colpita in maniera intenzionale da nessun soldato israeliano”. “Ancora non è possibile determinare se sia stata uccisa da miliziani palestinesi che sparavano indiscriminatamente o inavvertitamente da un soldato israeliano”, ha aggiunto. “Il rifiuto palestinese di consegnare il proiettile e di condurre indagini congiunte con gli Usa – ha concluso – la dice lunga sui motivi”.

“Tutte le informazioni che abbiamo raccolto – comprese le informazioni ufficiali dell’esercito israeliano e del procuratore generale palestinese – sono coerenti” con le conclusioni che a sparare siano stati i militari israeliani, “non abbiamo trovato informazioni che suggeriscano che vi fosse attività di palestinesi armati nelle immediate vicinanze dei giornalisti“. Inoltre, le conclusioni precisano che “diversi proiettili singoli, apparentemente ben mirati, sono stati sparati verso” i giornalisti “dalla direzione delle forze di sicurezza israeliane”, nonostante le segnalazioni precedenti sulla presenza dei reporter e i giubbotti antiproiettile con la scritta ‘Press’. In queste settimane le autorità israeliane non hanno mai avviato un’indagine penale, una circostanza che l’agenzia Onu definisce “profondamente inquietante”.

Il rapporto si è basato su materiale fotografico, video e audio, visitando la scena, consultando esperti, esaminando comunicazioni ufficiali e intervistando testimoni. L’ufficio Onu chiarisce le circostanze descrivendo la dinamica della sparatoria: “Un singolo proiettile ha ferito Ali Sammoudi alla spalla, un altro singolo proiettile ha colpito Abu Akleh alla testa e l’ha uccisa sul colpo. Diversi altri singoli proiettili sono stati sparati mentre un uomo disarmato ha tentato di avvicinarsi al corpo di Abu Akleh e un altro giornalista illeso si riparava dietro un albero. I colpi hanno continuato a essere sparati mentre questo individuo alla fine è riuscito a portare via il corpo di Abu Akleh”, si legge nelle conclusioni.

L’Alta commissaria delle Nazioni unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, “continua a sollecitare le autorità israeliane ad aprire un’indagine penale sull’omicidio di Shireen Abu Akleh e su tutte le altre uccisioni e ferite gravi perpetrate dalle forze israeliane in Cisgiordania e nel contesto delle operazioni delle forze dell’ordine a Gaza“, sottolineano dall’ l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni unite. Secondo quanto da loro verificato le forze di sicurezza israeliane “hanno ucciso 58 palestinesi in Cisgiordania, inclusi 13 bambini“. “Il diritto internazionale dei diritti umani richiede un’indagine tempestiva, completa, trasparente, indipendente e imparziale su qualsiasi uso della forza che provochi morte o lesioni gravi. Gli autori devono essere tenuti a rispondere”, conclude l’agenzia.

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