La presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen ha tenuto mercoledì scorso a Strasburgo il suo discorso annuale sullo stato dell’Unione, nel quale ha rilanciato la creazione di una difesa europea che miri a contribuire alla stabilità del vicinato. L’implementazione dell’interoperabilità tra le intelligence e polizie nazionali (cioè l’agevolazione dello scambio di informazioni tra le forze di polizia e di intelligence degli Stati membri) e maggiori investimenti nella sicurezza cibernetica sono tra le priorità di questa Commissione. Confermata anche l’alleanza con la Nato e annunciato il summit con il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron sul tema della difesa, il quale si terrà all’inizio del semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea (gennaio 2022).

Perché si parla proprio adesso di difesa europea?
Con la crisi afghana in corso e il progressivo ritiro degli Stati Uniti dal Medio Oriente e dall’Asia centrale, la volontà politica di creare una difesa europea si è fatta più visibile: già l’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell ha annunciato l’imminente proposta sulla difesa, a margine della riunione informale dei ministri competenti degli stati membri dello scorso 2 settembre in Slovenia (paese alla guida del semestre di presidenza del Consiglio Ue). Negli stessi giorni il presidente del Consiglio Mario Draghi insieme al presidente Macron hanno discusso l’opportunità della creazione di una Difesa europea, che non vada a fare concorrenza alla Nato ma ad assumere un ruolo dove quest’ultima non ha più l’interesse ad essere presente.

La conferma dell’alleanza atlantica
Segue la stessa logica Von der Leyen, la quale durante il suo discorso ha detto che “ci saranno missioni in cui la Nato o l’Onu non saranno presenti, ma in cui dovrebbe esserci l’Ue”. Una complementarità e alleanza che si riaffermerà nella dichiarazione congiunta Ue-Nato sull’Afghanistan, entro la fine dell’anno, come annunciata mercoledì scorso. “Sicuramente Ursula von der Leyen, vista la situazione che si è andata a creare dopo il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan, doveva mandare un messaggio di distensione per quanto riguarda l’alleanza atlantica” spiega Nicoletta Pirozzi, responsabile del programma “Ue, politica e istituzioni” per l’Istituto Affari Internazionali. “Lo ha fatto ribadendo che gli Stati Uniti rimangono il nostro partner privilegiato e che è necessario rafforzare l’alleanza nell’ambito della Nato” spiega Pirozzi.

Volontà politica ma senza politica estera
Von der Leyen parla di “mancanza di volontà politica” sul tema della Difesa, ma non ha accennato alla creazione di una politica estera europea e al problema strutturale e politico che non permette i passi in avanti da lei delineati: l’unanimità in sede di Consiglio. “Ursula Von der Leyen ha tenuto un discorso chiaramente ambizioso sulla difesa europea, ma c’è un problema di fondo di natura politica” spiega Fabio Massimo Castaldo, M5s, vicepresidente del Parlamento Europeo. “Possiamo creare una ‘cassetta degli attrezzi‘ della difesa per renderla più robusta, ma se non si vota a maggioranza qualificata in sede di Consiglio, questi strumenti saranno per lo più inutilizzati” ribadisce Castaldo. Quando si vota all’unanimità, anche se uno stato è contrario, di conseguenza l’accordo non viene raggiunto e ogni paese agisce per conto proprio. La frammentazione della politica estera Ue indebolisce dunque l’Unione stessa. Il voto all’unanimità “non fa altro che annacquare e depotenziare le soluzioni che finiscono per essere sempre dei compromessi a ribasso per un’Europa che si manifesta nel campo della politica estera troppo debole e sempre in ritardo” chiarisce il vicepresidente dell’Europarlamento. Ne è stato un esempio la crisi ucraina ma anche quella libica, nella quale nonostante “si trovi a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, abbiamo avuto un ruolo estremamente marginale rispetto a quelle che sarebbero state le necessità” spiega Castaldo.

Una difesa europea, ma senza proposte specifiche
“C’è da dire però che la presidente della Commissione non fa proposte specifiche: parla di capacità e della necessità di usarle, riferendosi alla forza di intervento e ai battlegroups, senza prendere una posizione netta” spiega Pirozzi. “La condizione preliminare è avere una valutazione congiunta delle sfide – aggiunge – e poi cercare di mobilitare il potere decisionale dell’Ue”. E su questo l’Unione si sta già muovendo da circa un anno: la responsabile del programma Ue per Istituto Affari Internazionali, dice che l’iniziativa Strategic compass, ha proprio “l’obiettivo di fare una valutazione congiunta delle minacce”.

Cosa prevedono i trattati?
La presidente rende chiara la sua intenzione di muoversi all’interno dei trattati esistenti (e quindi, esclude al momento la riforma degli stessi), ma non esprime la volontà di utilizzare l’articolo 20 sulla cooperazione rafforzata o l’articolo 42 sulla cooperazione strutturata permanente; entrambi gli articoli, con particolare riferimento al secondo, darebbero la possibilità di votare a maggioranza semplice sui temi della difesa, superando così il gap istituzionale dell’unanimità. Inoltre, entrambi darebbero la possibilità di agire all’interno dei trattati senza finire ad assecondare singole iniziative di stati membri al di fuori di essi, che di fatto, andrebbero ad indebolire ulteriormente l’Unione.

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