di Raffaele Vairo

Le trattative sulla riforma del sistema giustizia si sono concluse con la parziale vittoria di tutte le forze politiche che fanno parte della maggioranza. Ognuna ha cantato vittoria per aver portato a casa un qualche risultato che, però, non coincide con l’interesse supremo del Paese che, come è facile immaginare, si aspettava ben altro risultato. Invece, i partiti di governo considerano le trattative come una partita di calcio, uno sport elevato al vertice della gerarchia dei valori costituzionali. Al di sopra della cultura, del diritto alla salute e della stessa giustizia, che si vuole manifestamente sottomettere agli interessi dei politici corrotti.

Certo, la giustizia, qui da noi, non funziona, non è rapida ed efficiente come vorremmo, ma i rimedi proposti sono per me finalizzati alla salvaguardia di piccoli e inconfessabili interessi di politici disonesti, che si credono al di sopra della legge per aver ricevuto il battesimo del voto popolare. Tesi sostenuta fortemente dall’ex cavaliere Berlusconi che, pur di salvarsi dai processi che lo riguardavano, non ha esitato ad affermare che il voto popolare sarebbe come l’acqua del fiume Giordano che lo porrebbe al di sopra delle leggi. Teorie antistoriche che sanciscono i principi, aberranti, della improcedibilità e del potere del Parlamento di indicare le priorità circa i reati da perseguire.

Il primo, il principio della improcedibilità, è contro la logica stessa del processo che è preordinato alla ricerca della verità; il secondo, con chiara finalità di sottomettere il potere giudiziario alla politica, temo ci porterà allo sfascio definitivo della democrazia, già oggi ridotta a mera apparenza. Si tratta di principi che sposterebbero l’asse del potere punitivo dello Stato assegnandolo alla politica. In barba al principio della separazione dei poteri.

Certo, mi spiace dirlo: dalla prof. Cartabia, presidente emerita della Corte Costituzionale, mi sarei aspettato una maggiore determinazione nella difesa dei diritti costituzionali oggi messi in pericolo dalla sua riforma.

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