Dieci anni fa si è svolto il referendum per l’acqua pubblica, che ha sancito, con 27 milioni di Sì, la vittoria degli italiani e del bene comune sulla logica del profitto. Un risultato grandioso che parte da lontano, a cui si è giunti in seguito al cammino di ognuno di noi che ha partecipato ai comitati spontanei, ha subito intimidazioni, ha raccolto firme per la legge di iniziativa popolare e per il referendum.

Non possiamo lasciare spazio alla delusione di fronte al blocco a tenaglia di partiti come il Pd e la Lega e a quello delle aziende dell’acqua, che analogamente a quanto accaduto con la vicenda Benetton per le autostrade, paventano richieste di risarcimenti miliardari.

Il nostro compito è continuare ad aprire faglie e conflitti sui territori e nelle istituzioni, alleandoci con tutte le persone che decidono di sposare la ripublicizzazione della gestione dell’acqua, resistendo agli arrembaggi di ulteriori privatizzazioni.

È accaduto quando, come M5S, abbiamo blindato, con una legge dello Stato, la possibilità di cessione di quote della Eipli a soci ai privati, quando abbiamo stralciato dal dl Semplificazioni la privatizzazione delle gestioni idriche nei piccoli comuni.

Accade quando ci opponiamo alle spinte di Utilitalia, che chiede un aumento progressivo della privatizzazione nel Sud, così da dirottare una fetta più ampia di risorse del Pnrr nelle tasche dei gestori privati. Un’operazione che riesce anche impedendo agli enti locali l’accesso alle informazioni integrali sulla rete idrica, come ha sollevato la mia interrogazione parlamentare sull’azienda Gori.

Sebbene la “rivoluzione verde e transizione ecologica” abbia ottenuto la fetta più corposa dei finanziamenti: 68,6 miliardi, di cui 59,3 dal dispositivo per la ripresa e la resilienza e 9,3 miliardi dal Fondo complementare, il lavoro da fare è ancora lungo.

Sono 4,4 i miliardi per le risorse idriche e, 0,9 miliardi quelle per la riduzione delle perdite: con l’Italia che perde mediamente il 41% delle risorse idriche (51% al Sud).

Sono 2 i miliardi previsti per 75 progetti di manutenzione straordinaria e potenziamento di derivazioni, stoccaggio e fornitura primaria. 0,9 miliardi sono gli investimenti infrastrutturali su reti e sistemi irrigui, per avere il 12% delle aree agricole con sistemi più efficienti. 0,6 miliardi sulla depurazione.

Ma oggi i ritardi sugli investimenti sono anche il fallimento delle privatizzazioni e della legge Galli, che immaginava i privati attivi su questo fronte, mentre in realtà non hanno fatto altro che accomodarsi nella governance, mettendo a punto interventi solo quando le Regioni, nazione o l’Europa decidono di aprire il cordone della borsa.

Mentre i profitti non mancano: partendo infatti da due analisi differenti, l’associazione Comuni Virtuosi utilizza lo studio di Monitor SPL “Assetti organizzativi e gestionali del servizio idrico integrato” del 2019, per stimare che gli utili realizzati nel settore siano pari a circa 6-700 milioni annui. Oppure, analizzando i bilanci cumulati di Iren, Hera e Acea, le tre più grandi multiutilities decisive nei processi di privatizzazione, si registrano utili stimati nel ramo idrico per circa 830 milioni di euro, distribuendo dividendi pari a 249 milioni per il biennio 2018-2019.

Dall’altra parte il Forum dei MoVimenti per l’acqua, analizzando 29 piani industrial, registra a fronte di 13,8 miliardi di euro di investimenti netti programmati, addebiti in tariffa riferiti unicamente agli investimenti che varrebbero 15,9 miliardi. Con un saldo di circa 2,1 miliardi di euro. Uno “squilibrio a danno degli utenti” che sarebbe previsto dal metodo tariffario predisposto da Arera.

Cosa possiamo fare di più? A livello locale, a dieci anni dal referendum, molti comitati restano attivi ed è in crescita anche la rete dei sindaci per l’acqua pubblica, che quest’anno annovera anche il comune di Pomigliano D’arco.

Va quindi rilanciata un’alleanza locale anche per le prossime elezioni amministrative tra tutte le forze e le realtà che scelgono come strada la ripubblicizzazione della gestione dell’acqua. E con il nuovo corso di Giuseppe Conte, abbiamo la possibilità di lavorare a questo importante obiettivo che fino ad oggi non ha avuto quella forza dirompente che merita.

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