Un milione e 400mila studenti in meno nei prossimi 10 anni. Secondo il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, nel prossimo decennio la scuola italiana dovrà essere riformata prima di tutto in virtù di questi numeri. Perché a una diminuzione degli alunni non corrisponda a un calo anche dei docenti: “Abbiamo bisogno di prof per avere classi più piccole e aumentare il tempo scuola. Dobbiamo uscire dalla meccanica lineare tot docenti-tot studenti. Abbiamo bisogno anche di più dirigenti. I dirigenti hanno una funzione fondamentale, non abbiamo dato il giusto peso alla gravosità degli impegni che hanno avuto, va e andrà riconosciuto di più nel confronto contrattuale”, spiega il ministro nella sua audizione alle Commissioni Istruzione del Senato e Cultura della Camera. “Il Mef ci ha riconosciuto gli organici del passato e ha dato qualcosa in più”, quindi il primo obiettivo resta sempre la stabilizzazione dei precari, visto che ci sono “oltre 200mila docenti a tempo determinato”-

Bianchi precisa la sua volontà di trasformare il ministero dell’Istruzione. “Così come è oggi – dice -, non è più in grado di organizzare la specificità e la complessità dei compiti”. Il suo intento è ampliare l’età dell’educazione dai 0 anni “fino alla formazione continua: serve un dipartimento che si occupi della formazione tecnica superiore e dobbiamo mettere mano all’organizzazione del ministero e degli organi decentrati”. Il suo discorso poi verte sulla pandemia che “come choc esterno ha esasperato le diversità e messo a nudo delle situazioni non più sostenibili come il diritto allo studio”. Continuando, il ministro definisce l’indice di dispersione scolastico italiano come “insostenibile. C’è una dispersione esplicita – aggiunge – di chi non riesce a raggiungere titolo di studio, e chi lo consegue ma non ha le competenze adeguate”.

Di seguito, Bianchi parla anche di fondi. “Dobbiamo iniziare fin dall’estate a fare un ponte verso l’anno prossimo usando fondi già in carico al ministero, 150 milioni. Altri 320 milioni li metteremo a disposizione per una struttura di supporto che si proietti all’anno prossimo”. Il tutto, a suo dire, per una “scuola più aperta e interattiva col territorio, come parte di una nuova fase”, dedicando nelle sue intenzioni altri 40 milioni alla povertà educativa con progetti che “si rivolgono alle aree periferiche e marginali: è una azione che va vista nella logica di un riequilibrio”.

Il tema caldo, riconosce lo stesso Bianchi, è quello che riguarda i precari. “Su quasi 500 mila posti comuni, abbiamo oltre 200mila docenti a tempo determinato con situazioni diverse: la cosa sbagliata è trattarli tutti allo stesso modo. Sono persone con esperienze e titoli diversi. Stiamo ragionando col Mef per capire come riconoscerli”, così da “far partire la macchina di una assunzione regolare e continua“. E sempre in merito alla questione docenti, aggiunge: “bisogna programmare le uscite degli insegnanti. Con l’Inps siamo riusciti ad avere per tempo le previsioni di uscita di quest’anno e dei prossimi 10 anni. Ci vuole anno per anno la possibilità di reclutamento che tenga conto delle uscite per garantire continuità e stabilità nei processi di reclutamento”.

“Quando venni in marzo – conclude Bianchi in riferimento al suo discorso di insediamento – vi illustrai le linee con cui ci presentavamo al confronto europeo per ridisegnare il Piano di ripresa e resilienza: abbiamo ottenuto un risultato importante che ci ha permesso di ampliare le risorse per la scuola. Ci siamo presi l’impegno di darci un tempo per recuperare il principale vulnus del nostro sistema: non dare uguali opportunità ai nostri ragazzi. Il recupero delle diseguaglianze e della povertà educativa ci può portare a superare la lunga stagnazione in cui è il nostro Paese da troppo tempo”.

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