Il prete si sedeva al tavolo verde. E giocava, giocava. Ludopatico, non riusciva a resistere alla tentazione dell’azzardo. E facendo così ha dilapidato un patrimonio. Non personale, ma della parrocchia. Che qualcosa non funzionasse secondo i crismi del perfetto comportamento sacerdotale lo si era capito quando due anni fa don Flavio Gobbo, 48 anni, originario di Preganziol, aveva lasciato la comunità di San Vito e Modesto a Spinea, in provincia di Venezia, ma in diocesi di Treviso. In quella occasione aveva scritto una lettera ai fedeli, diceva di essere stanco e di aver bisogno di riposo. Insomma, staccava la spina del servizio pastorale senza però fornire una giustificazione precisa.

Le voci avevano cominciato a circolare in paese, anche perché la partenza era stata una specie di fulmine a ciel sereno. Si era cominciato a vociferare di ammanchi nei bilanci della parrocchia, cifre che fluttuavano, ma che comunque erano di alcune centinaia di migliaia di euro. La verità è venuta a galla con l’inchiesta giudiziaria. Don Flavio, assistito dall’avvocato veneziano Barbara De Biasi, ha collaborato e spiegato dove erano finiti i soldi. Se li era mangiati giocando, soprattutto al casinò. Alla fine ha patteggiato una pena di due anni, con la condizionale, per un ammanco che è stato quantificato di poco superiore al mezzo milione di euro.

A una settimana dal patteggiamento, la conferma è venuta da una nota della Diocesi di Treviso. Con il vescovo Gianfranco Agostino Gardin aveva concordato subito un periodo di sospensione dal servizio. “Non ha mai troncato i contatti con i suoi superiori e con i suoi confratelli sacerdoti, che non lo hanno mai abbandonato. Ha accettato sin da subito di sottoporsi a un impegnativo programma terapeutico riabilitativo in un centro specializzato per curare una forma patologica di disturbo da gioco d’azzardo. Questa patologia è molto più diffusa di quanto si possa pensare o si voglia riconoscere”. La diocesi spiega che “una volta riconosciuta, la patologia necessita di un aiuto specialistico e di un contesto umano e comunitario di supporto. Infatti, è tipico di questi disturbi negare o minimizzare il problema e illudersi di uscirne da soli”.

Sembra che la disavventura non abbia fatto venir meno l’intenzione di don Flavio di continuare a fare il prete. “In questo lungo e faticoso percorso è stato sostenuto principalmente dalla preghiera, ma anche dalla volontà di tornare presto a svolgere il suo ministero nel quale non ha mai smesso di riconoscersi. Il patteggiamento per appropriazione indebita è stato sancito davanti al gip David Calabria. Il pubblico ministero Elisabetta Spigarelli ha espresso parere favorevole considerando che il sacerdote ha cominciato il percorso di cura, che non sarà comunque breve. Don Flavio ha assicurato che risarcirà la parrocchia dei soldi sottratti, anche se questo gli richiederà una vita di risparmi, visto che gode solo dello stipendio di sacerdote. A Spinea era arrivato nel 2014, proveniente da Musile di Piave, dove era cappellano. Ad accorgersi degli ammanchi era stato il Consiglio per gli affari economici della parrocchia. Come tutti i giocatori, il prete era convinto che si sarebbe rifatto. Quando avesse vinto, avrebbe ripianato il buco. Ma la fortuna non lo ha assistito e la Curia lo ha fermato.

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