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Ucraina, Trump ribalta la narrazione parlando di trattativa: il Vaticano la propone da anni

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L’irruzione di Trump sulla scena internazionale ha sconvolto completamente la narrativa ufficiale della guerra in Ucraina. E’ successo ciò che a Bruxelles, nel quartier generale della Nato e dell’Unione europea, si è voluto soffocare in ogni modo: un’analisi alternativa della vicenda.

La guerra è un’impresa sporca, ma come ogni impresa viene il momento in cui si allineano profitti e perdite e si deve tirare una riga. Gli approcci possono essere diversi. Però è necessario dare spazio a molteplici punti di vista. Per interi tre anni proprio questo si è voluto negare. E il Palazzo apostolico è sempre stato un ottimo punto di osservazione per seguire la propaganda che ha colorato l’intera vicenda. La narrativa ufficiale, ripetuta ossessivamente, esigeva che Putin fosse considerato un pazzo, un fautore invasato della rinascita dell’impero zarista e di quello sovietico. In realtà i veterani della geopolitica hanno sempre trovato le mosse del presidente russo improntate a una loro razionalità. Magari non condivisibile nelle singole scelte ma certo non ispirata a folli furori.

Mosca voleva e vuole quello che Kissinger a suo tempo descrisse con chiarezza: un’Ucraina non contro la Russia né contro l’Occidente. Non è un caso che papa Francesco ha definito pericoloso l’“abbaiare (della Nato) alle porte della Russia”.

Per tre anni in ogni tg e talk show e nei media occidentali si è sentito il mantra dell’“aggressore” e dell’“aggredito”. Descrizione impeccabile, ma che non ha trovato riscontro in uguali atteggiamenti quando gli Stati Uniti hanno aggredito l’Iraq e lo hanno occupato precipitando il paese nel caos.

Per tre anni si è indicata come soluzione una “pace giusta”, la cui unica alternativa era una “resa”. E per tre anni rispettabili protagonisti del palcoscenico mediatico hanno martellato nella testa della gente lo slogan che le armate russe erano pronte ad arrivare sino a Como, anzi sino a Lisbona. (Le due castronerie sono documentate). Di più, dall’iniziale posizione di sacrosanto sostegno a Kyiv si è rapidamente passati a sostenere la necessità assoluta di “mettere in ginocchio” la Russia e di arrivare alla “vittoria”. Ursula von der Leyen si è persino presentata con abiti dai colori giallo-blu ucraini, provocando il sorriso di monsignori abituati alle svolte della storia.

Chi non condivideva questa visione, chi sosteneva che il conflitto poteva essere chiuso per via diplomatica, veniva trattato – a scelta – da utile idiota o servo di Putin o ingenuo pacifista. Ed ecco che improvvisamente il presidente degli Stati Uniti dichiara che la guerra avrebbe anche potuto non scoppiare se lui fosse stato alla Casa Bianca. Dunque il conflitto era evitabile. E’ noto che Putin chiese nel novembre 2021 una dichiarazione formale sul non ingresso dell’Ucraina nella Nato. A chi proclama che ogni stato può aderire ad alleanze con chi vuole, i veterani della diplomazia ricordano un fatto innegabile: Washington accetterebbe che Cuba o il Messico entrassero in un’alleanza militare con la Cina? Per molto meno Giorgia Meloni è stata costretta a disdire l’accordo con la Cina per la “Via della seta”.

Già nel 2023 papa Francesco spiegò che tutto il conflitto in Ucraina era dettato da “interessi imperiali, non solo dell’impero russo. Ma degli imperi di altre parti”. E dunque adesso l’imperatore d’Occidente decide di mettere fine all’inutile strage, spiegando che non si possono tollerare oltre le centinaia e centinaia di migliaia di vittime. Oplà! L’argomento era stato censurato nelle riunioni Nato e dell’Unione europea con l’affermazione infantile che la guerra poteva finire in un secondo se Putin ritirava le sue truppe.

Trattare significa affrontare i singoli problemi senza il velo della propaganda. La Crimea non è mai stata ucraina né per lingua né per etnia né per cultura. Nel Donbass i cosiddetti “russofoni” sono semplicemente russi per i quali o vale il diritto di autodeterminazione concesso dalla Nato ai kosovari (che hanno fatto la secessione dalla Serbia) o dovrebbe valere la soluzione trovata dall’accordo De Gasperi-Gruber per l’Alto Adige.

L’Europa nell’intera vicenda appare oggi disorientata e lasciata ai margini. Secondo il vecchio detto che quando i duri scendono in campo, gli insignificanti rimangono ai margini. E inutile che qualcuno riesumi la “teoria del domino”, che già ai tempi della guerra del Vietnam si dimostrò totalmente falsa: il comunismo non fagocitò altre nazioni e Mosca è assolutamente troppo debole per muovere guerra all’Europa.

Resta il fatto che già nell’autunno 2022 in Vaticano – sotto lo scudo della pontificia Accademia di Scienze sociali – si era elaborato un serio piano di pace: autonomia amministrativa, culturale ed economica per le regioni del Donbass, congelamento della situazione in Crimea, neutralità dell’Ucraina e ricostruzione del Paese con la partecipazione russa. Se l’episcopato europeo fosse stato più coraggioso, non avrebbe lasciato solo il pontefice argentino.

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