Tra i segnali, più di immagine che di sostanza, che la presidenza del Consiglio vorrebbe lanciare con la prossima legge di bilancio c’è, forse, la riduzione degli stipendi di alcuni manger pubblici. Le retribuzioni verrebbero allineate a quelle del capo del governo, scendendo da 240mila a 160mila euro lordi l’anno. Al momento però nessuno sa quale sarà il perimetro dell’intervento. Saranno inclusi i dirigenti della P.A. o la norma interessa solo i vertici di enti e associazioni, oltre a strutture private che ricevono contributi dallo Stato? Tutti sono preoccupati ma le di indicazioni precise non ce ne sono.

Non hanno aiutato le parole del ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo: “Non smentisco niente. Ne abbiamo parlato in Consiglio dei ministri, la norma non è ancora scritta e vediamo che cosa succede nei prossimi giorni”. Zangrillo ha aggiunto che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha parlato di questa ipotesi facendo riferimento a fondazioni e associazioni che percepiscono contributi pubblici. Sui giornali invece ho letto di un tetto alle retribuzioni dei dirigenti pubblici, ma questo già esiste. Il riferimento del titolare del Mef, come detto, era a fondazioni e associazioni che ricevono contributi pubblici. Stiamo lavorando, fare commenti in questo momento sarebbe prematuro”. Si, un tetto alle retribuzioni dei manager pubblici già esiste ma è appunto quello dei 240mila euro. La misura riguarda solo enti e fondazioni anche secondo il ministro Adolfo Urso che quindi commenta “Un tetto che è pari a quello del presidente del Consiglio credo che sia un tetto ragionevole per tutti coloro che ricevono i contributi dello Stato”.

Nell’incertezza da Forza Italia si mettono le mani avanti. “Non siamo felicissimi del tetto agli stipendi dei manager pubblici, lo dico con chiarezza. In questi anni, proprio a causa del tetto, molti manager hanno lasciato la pubblica amministrazione per le aziende private. La P.A. ha già subito un notevole depauperamento di risorse umane, non può vedere un ulteriore spostamento di figure apicali verso il settore privato. Serve una riflessione“, dice il senatore e capogruppo di Forza Italia in Commissione Bilancio, Dario Damiani.

“L’abbassamento del tetto agli stipendi dei manager pubblici sarebbe un errore e avrebbe l’inevitabile conseguenza di incentivare la fuga verso il privato e di impoverire di competenze la pubblica amministrazione. Saremmo quindi contrari ad un provvedimento del genere perché siamo convinti che capacità e professionalità vadano semmai riconosciute e valorizzate, e questo è tanto più importante nel pubblico, che lavora al servizio dei cittadini”, ci accoda il presidente di Noi Moderati Maurizio Lupi.

Contro il tetto si è espresso anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala. “Sul principale quotidiano italiano si parla di riduzione del tetto massimo degli stipendi a 160mila euro, io vi invito a porre attenzione e a non cadere nella demagogia, ha detto Sala lunedì, perché 160mila euro per il vertice di un’azienda vuol dire che poi quello sotto ne prende 100, quello sotto ancora ne prende 60, e per far lavorare bene le aziende bisogna fare lavorare bene le persone”. Per capire davvero cosa voglia fare il governo, come per molte altre misure, non ci resta che attendere che venga reso noto il testo della legge di bilancio, è in ritardo ma al momento è ancora in fase di definizione.

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