“Prendi i voti e scappa”. Nella terza domenica di settembre si apre ufficialmente la stagione venatoria. Eppure tra i cacciatori e i loro partiti di riferimento al governo – Lega e Fratelli d’Italia – non c’è mai stata tanta tensione come quest’anno. La ragione è che le richieste delle doppiette – trasformate dalla politica in promesse elettorali – non si sono ancora realizzate, nonostante il governo amico. E i cacciatori si sentono traditi. Passi il primo anno di Meloni alla guida dell’esecutivo – è il ragionamento – ma ora siamo alla seconda stagione. E, se pur a livello di propaganda e di attività parlamentare qualcosa si è mosso, nei fatti “il libro dei sogni” dei cacciatori è ancora sulla carta. Ed ecco che tanto sui social quanto ai tavoli dei bar i commenti, da qualche settimana a questa parte, sono tutti riassumibili così: “Basta, questi voltafaccia non li votiamo più“.

E così la maggioranza ha deciso di dare un’accelerata alla cosiddetta legge spara-tutto (nei confronti della quale il Fatto Quotidiano ha chiesto lo stop, ottenendo oltre 50mila firme alla petizione). Bloccata in commissione Agricoltura grazie all’ostruzionismo del Movimento 5 stelle, ora la proposta di legge a prima firma Francesco Bruzzone (Lega) verrà calendarizzata in Aula. Una mossa, in sostanza, per tenere buona una delle lobby sul cui appoggio Lega e Fratelli d’Italia contano a ogni tornata elettorale.

I CALENDARI VENATORI BOCCIATI – Nel frattempo, però, le Regioni che fanno gli interessi delle doppiette – anche quelle a guida centrosinistra – hanno subito sonore sconfitte. Quest’anno più di altri anni, molte di loro hanno presentato calendari venatori palesemente in contrasto con le regole europee. Si tratta dei documenti che stabiliscono i tempi e i modi della caccia, dietro la cui stesura ci sono, più o meno direttamente, le stesse associazioni venatorie. Nella quasi totalità dei casi, il Tar li ha bocciati. I ricorsi delle associazioni ambientaliste e animaliste sono stati presentati per i calendari venatori di Sicilia, Calabria, Basilicata, Campania, Umbria, Veneto, Emilia-Romagna, Lombardia, Sardegna e Marche. In nove casi su dieci i calendari sono stati sospesi, in tutto o in parte (l’ultima è la Lombardia, costretta a posticipare al 2 di ottobre la caccia all’avifauna). Solo per la Sicilia i giudici amministrativi non hanno accolto la domanda cautelare e ora si dovrà attendere il responso sul merito.

Tra le questioni censurate dal Tar ne emergono, nello specifico, due. La prima riguarda il via libera alla caccia a specie in via d’estinzione, come la tortora selvatica. Un atteggiamento per il quale il governo italiano è già stato richiamato dalla Commissione europea attraverso la lettera Eu-Pilot, che anticipa la procedura d’infrazione, dal titolo Mancato rispetto del diritto europeo della natura. I cacciatori italiani più facoltosi, in ogni caso, superano l’alt dell’Ue semplicemente prendendo un volo per i Paesi del Maghreb, dove possono sparare alle tortore di ritorno dalle migrazioni estive. La seconda questione, invece, riguarda la durata della stagione venatoria. Le Regioni tendono a posticiparne la chiusura, ma in questo modo si infrangono contro la direttiva Uccelli, che vieta di sparare durante la migrazione prenuziale.

In questo quadro si inserisce la pdl Bruzzone, che il centrodestra vuole approvare il prima possibile. In particolare quando stabilisce che i calendari venatori da atti amministrativi dovranno diventare leggi regionali, tagliando fuori le associazioni ambientaliste e animaliste, che non potranno più ricorrere al Tar. “Senza di noi, in questi decenni, i cacciatori sarebbero andati a caccia con provvedimenti formalmente legittimi ma di fatto illegittimi – dice Domenico Aiello, avvocato e responsabile tutela giuridica della natura per il Wwf – abbiamo garantito la legalità in nome dell’interesse generale della tutela dell’ambiente e impedito che i provvedimenti delle Regioni permettessero ai cacciatori di distruggere la natura con danni irreversibili. La cosa assurda è che ora l’ansia del legislatore, succube del diktat del peggiore estremismo venatorio, non è richiamare le Regioni al rispetto delle regole ma è impedirci di rendere un servizio alla collettività, in palese violazione con l’articolo 24 della Costituzione italiana, che garantisce di agire in giudizio a tutela dei propri diritti e interessi legittimi”.

LA BATTAGLIA IN PARLAMENTO – Ora la Lega – in teoria in accordo con FdI – vuole accelerare i tempi, puntando a portare la pdl Bruzzone alla Camera a novembre. E lo fa, tra le altre cose, per calmare gli animi all’interno del mondo venatorio. Uno dei canali di riferimento dei cacciatori, Caccia&Dintorni, con un duro post ha scritto: “Che fine hanno fatto le promesse del ministro Lollobrigida, del senatore La Pietra, del sottosegretario all’Ambiente Barbaro e di altre figure che in giacca e cravatta e con il tacco 14 ci hanno chiesto i voti? Ce lo stiamo chiedendo da mesi. Prendi i voti e scappa”.

“La pdl Bruzzone era bloccata in commissione Agricoltura – spiega Alessandro Caramiello del M5s – perché avevamo presentato 1.100 emendamenti, e per ogni emendamento prendevamo la parola e parlavamo per 30 minuti. A ogni seduta ne bocciavano quattro-cinque. Con il nostro ostruzionismo non sarebbero mai arrivati all’approvazione della legge, e ora vogliono portarla in Aula, ma noi promettiamo di fare battaglia e di bloccare Montecitorio per una settimana. Il Parlamento italiano può permettersi di fermare i lavori per fare un regalo alla lobby dei cacciatori quando, invece, sarebbe meglio che si occupasse di legge di Bilancio? Questo governo fa solo propaganda e battaglie ideologiche, noi saremo convintamente della parte degli animali e della natura. E speriamo che anche Avs e Pd facciano lo stesso, visto che soprattutto quest’ultimo ha fatto mancare il proprio sostegno in commissione“.

CACCIA E PSA, IL RISCHIO DI DIFFONDERE L’INFEZIONE – Ma ci sono altri fronti sui quali, per ragioni diverse, sono puntati i riflettori della politica e dei media. Il primo è relativo alla peste suina africana. Il piano di abbattimento di cinghiali del governo Meloni non sta portando a nulla. Anzi, stando ai report di Ispra, la braccata sta avendo conseguenze opposte ai risultati desiderati: i cinghiali si riproducono con maggiore facilità. In Lombardia i focolai negli allevamenti intensivi si stanno moltiplicando, il Pavese è un’unica zona rossa, eppure i cacciatori di altre province possono andare nelle aree in zona rossa a sparare. Col rischio di portare l’infezione in giro per la regione. Ad accorgersi dell’ovvio e, però, col merito di metterlo nero su bianco, è stata la Coldiretti Mantova, che ha chiesto “di evitare che la libera circolazione dei cacciatori in più Ambiti territoriali di caccia (Atc), magari provenienti da province diverse, possa favorire la diffusione della Psa“. Nel Mantovano, dunque, istituzioni, cacciatori e agricoltori concordano sulla “necessità di imporre un blocco totale della mobilità venatoria così da evitare un rischioso pendolarismo della caccia, magari proprio da zone già colpite dalla Psa”. A fronte di 3.500 cacciatori, infatti, nei sei Atc della provincia risultano registrate 5.500 doppiette, dunque 2.000 cacciatori forestieri. E lo stesso problema lo ha rilevato il Wwf lombardo, col coordinatore delle guardie venatorie dell’unità di Milano, Filippo Bamberghi: l’anno scorso i cacciatori registrati negli Atc pavesi erano 8.037, di cui 3.581 cacciatori residenti. In pratica, perciò, ci sono circa 4.500 doppiette che vengono da altre province, entrano nelle zone rosse del Pavese e poi tornano a casa.

I CERVI IN ABRUZZO – Il secondo fronte riguarda la decisione della Regione Abruzzo di uccidere 469 cervi. Una scelta che ha creato molti malumori e contro la quale diverse associazioni hanno avviato una petizione per chiedere a Marco Marsilio di ritirare la delibera dello scorso 8 agosto. I punti controversi della vicenda sono numerosi: a censire i cervi nella regione sono gli stessi cacciatori a cui Marsilio ha affidato il compito di abbatterli; per di più, gli Atc interessati dagli abbattimenti hanno stilato un tariffario dei capi: dai 50 euro per un cucciolo ai 250 euro per un maschio adulto. Ci sono, infine, i dati relativi agli incidenti stradali diffusi dalla Regione, che come ha segnalato il Touring Club appaiono gonfiati e decisamente in contrasto con quelli raccolti dall’Istat.

Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it
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