Un mazzo con tre carte, più una quarta tutta da scrivere. Sono gli scenari ipotizzati da Giorgia Meloni, che oggi ha cominciato i suoi faccia a faccia coi leader delle opposizioni. Oggetto degli incontri: la riforma costituzionale. Già dalla campagna elettorale era noto come la leader di Fdi volesse cambiare la Carta in caso di vittoria alle elezioni. E infatti adesso la capa dell’esecutivo ha cominciato un giro d’incontri con i leader dei partiti di minoranza per discutere di una grande riforma delle Istituzioni. Una discussione che potrebbe continuare con la costituzione di una commissione ad hoc, cioè praticamente una Bicamerale.

Fino a oggi Meloni e il centrodestra hanno sempre sostenuto di voler puntare sull’elezione diretta del capo dello Stato. Durante l’incontro con Giuseppe Conte e con la delegazione dei 5 stelle, però, la premier ha spiegato di essere pronta a trattare, mettendo sul tavolo tre opzioni. “Gli scenari possibili principali di cornice sono tre: il sistema presidenziale, cioè il presidenzialismo in senso stretto con elezione diretta del Presidente della Repubblica, che è anche Capo del Governo. Il semipresidenzialismo sul modello francese, quindi elezione diretta del Presidente della Repubblica che nomina un Capo del Governo, oppure c’è l’opzione dell’elezione diretta del Presidente del Consiglio che in questo caso mantiene in capo al Parlamento l’elezione del Presidente della Repubblica, il quale mantiene il suo ruolo di personalità super-partes e di contrappeso”.

Si tratta ovviamente di tre modelli molto diversi. Il sistema presidenziale è quello più lontano dal nostro. Un esempio è quello americano: gli elettori votano il presidente, che è allo stesso tempo sia capo del governo che dello Stato ed è titolare del potere esecutivo. Non ha bisogno di un voto di fiducia del Parlamento per governare, visto che è eletto direttamente dai cittadini. Come contrappeso, però, in questo sistema il potere legislativo è interamente in capo al Parlamento. Il semipresidensialismo è in pratica il sistema vigente in Francia: gli elettori scelgono il presidente il quale nomina un premier e un governo, che a loro volta rendono conto al Parlamento. In questo sistema il potere esecutivo è condiviso tra presidente e premier, come quello legislativo, che è esercitato anche dal Parlamento. Sulle prime due ipotesi si sono già detti contrari sia i 5 stelle, che il Pd, Italia viva e Azione.

Diverso invece il discorso per la terza carta, cioè il “premierato” con elezione diretta del capo del governo, che vedrebbe rafforzati i suoi poteri. L’elezione del capo dello Stato rimarrebbe una prerogativa del Parlamento. In caso di crisi di governo ci sarebbero due opzioni: il ritorno al voto dopo lo scioglimento delle Camere (o della Camera se si dovesse tornare a proporre l’abolizione del bicameralismo perfetto) o la sostituzione del premier con un’altra personalità della stessa maggioranza, come prevede l’istituto della sfiducia costruttiva. Questa terza ipotesi avrebbe due vantaggi: richiederebbe di modificare meno articoli della Costituzione rispetto alle altre due, potrebbe trovare l’appoggio del sedicente Terzo polo, cioè di Azione e d’Italia viva. Secondo Meloni, tra l’altro, ci potrebbe essere una quarta opzione: “Non è detto che l’Italia non possa immaginare un suo modello, ne avremmo diritto e ne possiamo inventare anche uno migliore“. Insomma la capa del governo non esclude addirittura d’inventarsi una nuova forma di governo.

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