Non aveva detto di avere l’aids neanche quando le condizioni della ex compagna, madre di suo figlio, si erano aggravate fino a portarla alla morte. Per questo e per avere contagiato anche altre donne senza mai rivelare di avere contratto il virus Hiv Luigi De Domenico, 58 anni, era stato condannato a 22 anni di reclusione dalla corte d’Assise di Messina. Adesso però il verdetto è stato annullato dalla corte d’Appello. Tutto da rifare perché in primo grado a giudicarlo erano stati anche due giudici che avevano superato i 65 anni di età: “Le argomentazioni su cui si fonda la sentenza di condanna di primo grado non sono state evidentemente prese in esame. Si ricelebrerà il processo e saremo pronti a difendere le nostre posizioni nei medesimi termini con cui lo abbiamo fatto in primo grado”, spiega Bonaventura Candido, l’avvocato della famiglia di Stefania Gambadoro, morta dopo un lungo calvario senza una diagnosi. Neanche i medici riuscirono a capire che il lento decadimento della donna era dovuto all’Aids, per questo sono a processo, in primo grado, per omicidio colposo anche l’ematologa Arianna D’Angelo e il reumatologo Aldo Biagio Molica Colella. Quest’ultimo, secondo la ricostruzione fatta dall’accusa, prescrisse addirittura dei medicinali che aggravarono le condizioni della donna.

“Ciò che le vittime vogliono davvero è la verità. L’unica cosa che nel lungo periodo può consolare. Continuo a credere nella giustizia nonostante i suoi inciampi. Non mollo, sto bene e sono pronta a ricominciare il processo con i miei avvocati Bonaventura Candido ed Elena Montalbano, grazie ai quali, nonostante tutto, si è comunque affermata la verità dei fatti”: così commenta la sorella della donna deceduta, Silvia Gambadoro. Entrambe avvocate a Messina, fu Silvia a capire cos’era davvero successo alla sorella e a indagare sulle altre donne coinvolte. Scoprì così che anche la prima moglie di De Domenico era morta di Aids. Un vero e proprio untore, secondo la sentenza di primo grado ora annullata. Ma insospettabile, tanto che solo la battaglia ingaggiata dalla sorella della defunta ha permesso di scoprirlo.

Stefania accusa i primi sintomi nel 2015, il deperimento fisico è molto evidente: “Sua sorella è anoressica” diranno alcuni medici minimizzando le condizioni di Stefania. Che andranno aggravandosi. A nessuno, nella lunga trafila di medici e controlli, viene in mente che possa trattarsi di Aids. Solo poco prima della morte Silvia scopre la sieropositività, ma è troppo tardi: il virus ha ormai divorato Stefania. Dopo la morte della sorella, Silvia indaga e riesce a ricostruire la catena del contagio che parte 26 anni prima, quando muore la prima moglie di De Domenico. Silvia va in procura, si rivolge agli avvocati, dopo qualche tempo la procura chiede e ottiene il rinvio a giudizio di De Domenico. Il processo di primo grado dura un anno, si chiude a Messina lo scorso 10 gennaio, con la condanna a 22 anni per l’ex compagno di Stefania. Ma adesso è tutto azzerato, un vizio formale annulla la condanna. Il primo processo si deve ripetere. Mentre quello a carico dei medici è ancora in corso. La donna aveva una linfocitopenia, questo capiscono i medici. Ma non vanno oltre: “Sarebbe stato sufficiente andare su internet a cercare “linfocitopenia cause” e sarebbe apparso Aids come prima risposta”. Così hanno scritto due consulenti nominate dalla procura. Una lunga storia di negligenze e pregiudizi che hanno portato alla morte a 45 anni di Stefania.

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