Era arrivata ieri pomeriggio nell’hotspot di Lampedusa insieme alla madre, e le sue condizioni sembravano buone. Ma una neonata di sei mesi, ospite nella struttura di prima accoglienza a contrada Imbriacola, non ce l’ha fatta ed è morta all’improvviso. I medici sono al lavoro per capire quali possano essere state le cause del decesso, e si ipotizza un problema congenito o un malore. A Lampedusa intanto sale a 458 il numero dei migranti giunti tra stanotte e oggi. Oltre 15 sono stati gli sbarchi, mentre l’hotspot dell’isola è al collasso con oltre 700 ospiti a fronte di una capienza massima di 350 persone. Su disposizione della Prefettura è stato previsto il trasferimento di circa 80 tra gli ospiti della struttura, probabilmente verranno trasferiti a bordo di un traghetto di linea a Porto Empedocle, nelle prossime ore.

Intanto continuano le traversate del Mediterraneo e gli sbarchi, così come le tragedie in mare: due fratelli, uno di sei mesi e l’altro di sei anni, sono al momento dispersi, assieme ad altri due migranti, dopo che ieri il barcone che su cui viaggiavano si è ribaltato. Erano partiti con i genitori, che si sono invece salvati, da Sfax, in Tunisia, assieme ad altre 32 persone che sono state soccorse da una motovedetta della Guardia Costiera. E quello dei bimbi non è l’unico dramma che si è consumato al largo di Lampedusa: nel pomeriggio è naufragato un altro barcone, con i soccorritori che hanno salvato 31 persone e recuperato un cadavere, mentre tra 4 e 6 migranti mancherebbero all’appello.

Due naufragi in 24 ore, dunque – sui quali la procura di Agrigento ha aperto due inchieste – con altri morti e dispersi dopo che appena due giorni fa un altro barcone era naufragato: in quell’occasione 40 migranti erano stati tratti in salvo mentre tre sono ancora dispersi. E in giornata si sono verificati anche 15 sbarchi autonomi a Lampedusa, portando nell’isola 458 migranti, tra i quali una cinquantina di minorenni. E mentre i sopravvissuti dei due naufragi facevano la conta dei compagni di viaggio che mancano all’appello, altri migranti sono arrivati sulle coste siciliane: 38, messi in salvo a sud di Portopalo di Capo Passero, sono stati portati in nottata a Pozzallo, nel Ragusano.

Che il Mediterraneo centrale sia pieno di uomini, donne e bambini disperati che tentano la traversata lo conferma anche l’ennesimo allarme di Alarm Phone, che chiede un intervento immediato delle autorità: un peschereccio salpato dalla Libia sarebbe in difficoltà a sud est della Sicilia con 450 a bordo e l’acqua e il cibo sarebbero finiti. E lo confermano gli interventi delle navi delle Ong, tornate in mare dopo il braccio di ferro con il governo. La Geo Barents di Medici senza frontiere ha recuperato da un gommone 90 persone (tra questi 35 minori, uno dei quali, non accompagnato, ha solo 10 anni), che si uniscono ai 74 salvati in precedenza. E il conto aumenta con i 103 che si trovano sulla Humanity 1, dopo che una parte di essi è stata trasbordata dalla Louise Michel, meno attrezzata rispetto alla imbarcazione della Sos Huanity. Anche qui bambini piccoli, una donna incinta e migranti in ipotermia, curati a bordo da un’ostetrica.

“I centri di coordinamento dei soccorsi competenti, compresi quelli di Malta e dell’Italia – spiega Sos Humanity – sono stati informati dell’imbarcazione in difficoltà, dell’avvio delle operazioni di soccorso e delle ragioni della necessità di prendersi cura dei sopravvissuti, e sono stati invitati al coordinamento attraverso il telefono e la posta elettronica. Tuttavia, non hanno adempiuto al loro dovere di coordinamento”. L’operazione, che le due navi hanno condotto in acque internazionali al largo della Libia, spiegano le ong, è stata funestata dall’”assalto verbale” dell’equipaggio di una motovedetta libica, armato di mitragliatrice. “Quanto accade lungo la rotta che dalla Tunisia porta all’Italia – spiega il professor Fulvio Vassallo, docente di diritto dell’Immigrazione – dimostra che le partenze vanno avanti, pur in assenza di navi delle ong nell’area. Un fatto che smentisce il teorema secondo il quale sarebbe la presenza di mezzi di salvataggio a favorire le partenze”.

E dal presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, parte un appello al governo per “allargare il decreto flussi ai Paesi con cui l’Italia ha accordi ma anche a tutti quei Paesi che guardano all’Italia, ad esempio dall’America Latina, dal Perù, dal Venezuela. Un decreto flussi che tenga conto non solo della domanda delle imprese, ma anche di quella delle famiglie, degli anziani, delle mamme lavoratrici con bambini, delle persone con disabilità. Si tenga conto di questa grandissima domanda di assistenza alle persone”. Secondo Eurostat, in Italia c’è un fabbisogno di 200mila lavoratori l’anno, “non di 69.700 come previsto dall’ultimo decreto flussi“, aggiunge Impagliazzo.

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