A fine giugno del 2019 tre uomini della ‘ndrangheta escono dal civico 16 di piazza Duomo a Milano. Il palazzo del Cinquecento con ingresso principale da piazza Fontana 2 ospita la residenza ufficiale dell’arcivescovo Mario Delpini. Indossano tutti giacca e cravatta. I tre, legati alla potente famiglia mafiosa Oppedisano di Rosarno, hanno appena incontrato il commercialista Giovanni Giuseppe Nucera, anche lui calabrese di Melito Porto Salvo amministratore e socio di maggioranza della Take off srl con sede al 16 di piazza Duomo. La società, con capitale sociale da oltre due milioni di euro, si occupa di consulenze per le nuove start-up e tra i suoi partner ha il ministero dello Sviluppo economico oltre che l’associazione degli industriali lombardi. A questo indirizzo risulta domiciliata anche la società Nucera & Parteners Tax Law & Corporate Advisors di cui lo stesso commercialista calabrese è legale rappresentante. In quell’anno, inoltre, Nucera, ritenuto anche lui vicino alla ‘ndrangheta e già in contatto con gli Oppedisano, con la sua Take off è socio di minoranza in una srl che in città gestisce alcune caffetterie con il logo I siciliani e il ristorante Settimo senso di via Sottocorno. La srl è controllata dalla signora Nadia Gullà, attuale moglie dell’ex calciatore di Juventus, Lazio e Genoa Giuseppe Sculli, nipote del superboss di Africo Giuseppe Morabito alias u Tiradrittu e vicino alla famiglia Ficarra legata alla cosca Piromalli di Gioia Tauro. Il ruolo di Sculli, pur non coinvolto penalmente, risulterà decisivo in questa storia. Nel suo ristorante, infatti, si terrà un summit importante. Lo vedremo.

Ma chi sono gli emissari della ‘ndrangheta e perché sono appena usciti dal palazzo arcivescovile, uno dei simboli della città? Si tratta di Michele e Pasquale Oppedisano, padre e figlio, il primo già condannato nel processo Infinito perché a capo della locale di Erba. Con loro il braccio destro Domenico La Rocca. Il particolare emerge dalle motivazioni della sentenza (depositate oggi) con cui poche settimane fa il giudice Guido Salvini con rito abbreviato ha condannato quattro persone tra cui lo stesso La Rocca a dieci anni per mafia, mentre ha disposto il processo per Michele e Pasquale Oppedisano, il primo nipote del vecchio Domenico già capo crimine della ‘ndrangheta. I boss sono arrivati in piazza Duomo per conto di tre promotori finanziari ai quali lo stesso Nucera che non risulta indagato nonostante, si legge nella sentenza, sia legato ad alcune famiglie di ‘ndrangheta, chiede la restituzione di 250mila euro a suo dire fatti sparire dai tre. Gli Oppedisano dunque intervengono in qualità di “protettori-estorsori”. L’indagine coordinata dai pm Paola Biondillo e Sara Ombra, svela l’anima imprenditrice della mafia che, scrive il giudice, “a titolo di retribuzione per la protezione non aveva preteso il pagamento di una percentuale fissa mensile, bensì una collaborazione negli affari con relativa compartecipazione agli utili”. Il patto viene siglato con le parole di Pasquale Oppedisano: “Grazie a Dio rispetto non ci manca. Potete camminare tranquilli”. Insomma gli Oppedisano, usando le parole del pm di Brescia Paolo Savio citate nell’ultima relazione della Dia, rappresentano quella ‘ndrangheta che in Lombardia “fa fatture false con il giubbotto antiproiettile e tre pistole infilate nella cintura (…). Una mafia economica, che ha sostituito l’F24 al Kalashnikov”.

La vicenda dei 250mila euro emerge da una segnalazione per operazione sospetta elaborata dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) presso la Banca d’Italia. Risulta infatti un trasferimento di fondi dalla società francese Csf Development su conti correnti esteri intestati a una società bulgara e riconducibili allo stesso Nucera. Il 2 maggio 2018 il denaro arriva alla Nucera & Parteners Eood. Da qui è triangolato alla bulgara Take off international Eood le cui quote sono detenute dall’italiana Take off. Monetizzato il denaro, si legge negli atti dell’inchiesta, Nucera lo tiene nascosto negli uffici di piazza Duomo. Uffici dai quali inspiegabilmente sparirà. Da qui le accuse di Nucera ai tre promotori finanziari, i quali negli uffici di piazza Duomo saranno minacciati anche con una pistola. Devono restituire il denaro, in caso contrario “con le loro famiglie avrebbero trascorso un brutto Natale”. Ecco il motivo dell’intervento degli Oppedisano, i quali risultano già in contatto con Nucera.. L’incontro negli uffici di piazza Duomo avviene il 28 giugno. E già il 26 ci sono diversi contatti tra Nucera e Pasquale Oppedisano. In una di queste telefonate, Nucera aggancia la cella del comune di Casorate Primo, nuova roccaforte delle cosche di Platì. Scrive il giudice: “Dall’insieme delle dichiarazioni dei 3 promotori finanziari si ricava che questi siano stati chiusi in una doppia trappola. Anche il commercialista Nucera era infatti in qualche modo legato a famiglie della ‘ndrangheta calabrese”. Tanto che gli Oppedisano spiegano ai promotori finanziari che “persone storiche” interessate evidentemente da Nucera “sono molte dispiaciute per quello che è successo (…) non si devono permettere nei nostri confronti e sono venuti a portarci le scuse”.

Si arriva così alla cena decisiva. L’incontro avviene ai tavoli del ristorante il Settimo senso di via Sottocorno oggi gestito dalla O.R. srl della moglie di Giuseppe Sculli, “il cui nome” scrive il giudice “è più volte emerso in indagini su tali ambienti criminosi”. Nel 2021 la Or srl ha rilevato le quote della Sai srl, tra i cui soci compariva anche la Take off di Nucera. Oggi la società controlla anche un bar nella zona di piazzale Loreto frequentato dallo stesso Sculli e da alcuni parenti del boss ergastolano Giuseppe Morabito ma anche dal narcos vicino a Cosa nostra Carlo Zacco e da un altro siciliano in passato legato ai traffici di Angelo Epaminonda detto il Tebano. Al Settimo senso era di casa anche la famiglia Ficarra coinvolta nell’inchiesta antimafia Cavalli di Razza e il cui capo, Domenico Ficarra, oggi collabora con la giustizia. In diversi verbali fa il nome di Sculli sia in relazione a vendite di droga sia come personaggio influente in grado di dirimere questioni tra le varie famiglie mafiose. Un ruolo che ritorna anche nella vicenda Oppedisano-Nucera. Il ristorante, scrive il giudice, scelto “per il componimento della vicenda” dei 250mila euro “era quanto mai adatto per i due gruppi apparentemente avversari”. Tanto più che lo stesso Sculli “amico di tutte e due le famiglie coinvolte (…) avrebbe avuto il compito di siglare l’accordo”. Quella cena, nelle parole del giudice Guido Salvini, si rivelerà “una sceneggiata (…) per non parlare più dei 250mila euro, somma in effetti mai più comparsa e probabilmente spartita tra Nucera e gli Oppedisano”.

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