La Commissione Ue presenterà il 30 novembre la sua proposta di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, ma il governo italiano ha già chiarito che “non può accettare” la bozza circolata negli ultimi giorni e che ha già suscitato una levata di scudi. In primis da parte di Conai, Federdistribuzione e Confindustria, secondo cui questa versione favorisce il riuso e non il riciclo, settore nel quale l’industria italiana ha molto investito. Il governo, dunque, “dirà di no” ha chiarito il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin in collegamento con gli Stati Generali della Green Economy a Ecomondo, alla Fiera di Rimini. Tra le principali novità, la riduzione dei rifiuti generati pro-capite, nuove regole contro l’over-packaging, obiettivi più ambiziosi su tassi di riciclo e contenuti minimi di materiale riciclato e, a partire dal 2028, l’obbligo di istituire sistemi di deposito cauzionale per i contenitori monouso con capacità fino a 3 litri, non solo in plastica. Sistemi già attivi in 13 Paesi europei, come ha raccontato ilfattoquotidiano.it nell’ambito della campagna ‘Carrelli di plastica’, condotta insieme a Greenpeace. Secondo il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, la misura così concepita “avrebbe un impatto devastante su tutte le imprese italiane e su tutte le filiere, ossia su quasi 7 milioni di posti di lavoro diretti”. Critica anche Assobioplastiche: “Si penalizzano alcuni materiali di imballaggio rispetto ad altri” e si adottano normative impattanti “in assenza di solidi agganci su chiare e trasparenti valutazioni scientifiche”. Ma a preoccupare l’industria è anche un altro aspetto: sarà un nuovo regolamento, parte del pacchetto sull’Economia circolare, a modificare quello del 2019 su vigilanza del mercato e conformità dei prodotti, nonché la direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio. Quindi un atto legislativo vincolante che sarà applicato nell’intera Unione europea, senza necessità di essere recepito, cosa che avviene con le direttive e che ha permesso, per esempio, di apportare dei ‘ritocchi’ nel caso della direttiva Sup, sulla plastica monouso.

Greenpeace: “Riuso e riciclo non sono azioni antitetiche” – La misura è sostenuta in modo particolare dal commissario europeo al Clima e al green deal, nonché vicepresidente della Commissione, l’olandese Frans Timmermans. Ma le parole del ministro Pichetto Fratin vanno in un’altra direzione. “Siamo pronti a discutere sulle modalità, dobbiamo confrontarci ma sul fronte dell’economia circolare siamo i primi della classe e dobbiamo andare in quella direzione. Per cui dico no”. Ma la discussione è tutt’altro che chiusa. ““Se il nostro sistema industriale ha già elaborato degli studi su come i modelli di riuso comportino enormi perdite di lavoro rispetto a filiere di riciclo, incenerimento e discarica saremmo lieti di visionarli”, commenta a ilfattoquotidiano.it Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace. Di fatto, già la direttiva quadro sui rifiuti del 2008 stabilisce delle priorità: prima prevenzione e preparazione per il riutilizzo, poi riciclaggio, recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia e, infine, smaltimento. “Riuso e riciclo sono due azioni sinergiche e non antitetiche come alcuni vogliono far credere, necessarie a realizzare una vera economia circolare che abbia tre capisaldi: prevenzione, riuso e riciclo” spiega Ungherese. “Proprio su queste tre direttrici – aggiunge – si orienta la bozza di revisione della direttiva europea sugli imballaggi”.

La prevenzione e il riutilizzo – Analizzando, proprio a iniziare dalla gerarchia dei rifiuti, le novità che verrebbero introdotte, si prevede una riduzione dei rifiuti di imballaggio pro capite del 5% entro il 2030 (rispetto a quelli prodotti nel 2018), del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040. Dal 2025 viene fissato un limite di 40 sacchetti l’anno per persona, con possibilità di escludere dal conteggio quelli ultraleggeri per sfusi o quelli utilizzati per esigenze di igiene. Vietati, con eccezioni, alcuni formati. Dal 2030 “ogni unità di imballaggio dovrà essere ridotta alle sue dimensioni minime” e del 15% del volume nel caso di cosmetici e prodotti elettronici. Sul fronte del riutilizzo, da gennaio 2030 il 30% delle bevande fredde e calde riempite in un contenitore nel punto vendita per l’asporto dovrà essere disponibile in un imballaggio riutilizzabile, mentre dal 2040 (prevedendo un sistema di riutilizzo o che consenta la ricarica) la percentuale sale al 95%. Per i cibi pronti da asporto, gli obiettivi sono del 20% dal 2030 e del 75% dal 2040.

I benefici del riutilizzo – “I benefici ambientali dei modelli del riuso sono stati evidenziati dal recente lavoro delle Nazioni Unite, nell’ambito della ‘Life Cycle Initiative’ – spiega Ungherese – che ha evidenziato numerosi vantaggi ambientali dei prodotti riutilizzabili (inclusi gli imballaggi) rispetto alle opzioni monouso, indipendentemente dal tipo di materiale”. Diversi stati europei già introdotto quote obbligatorie da raggiungere nei prossimi anni: l’Austria ha introdotto una quota del 25% per i contenitori per le bevande entro il 2025, la Francia il 10% del packaging entro il 2027, il Portogallo il 30% entro il 2030. “Coca Cola ha annunciato di voler utilizzare il 25% di contenitori riutilizzabili entro il 2030 per le bevande che commercializza in tutto il mondo – ricorda Ungherese – un obiettivo non dissimile da quello presente nella bozza (20% entro il 2030).

Sistemi di deposito su cauzione – Viene imposta, a partire dal 2028, l’istituzione di sistemi di deposito cauzionale (DRS) per le bottiglie in plastica monouso e i contenitori in metallo monouso con capacità fino a 3 litri. Esclusi dall’obbligo i contenitori monouso che contengono vino, bevande alcoliche, latte e prodotti lattiero-caseari. Marco Pagani, direttore Normativa e Rapporti Istituzionali di Federdistribuzione, ha dichiarato al Sole 24 Ore che “sarebbe prima necessario avere risultanze adeguate sul reale rapporto tra impatti ambientali e costi/benefici che derivano da questi sistemi”, sostenendo che “si è dimostrato come in diversi paesi le aspettative siano state in parte disattese in termini di efficienza, con effetti critici sui sistemi di raccolta e riciclo già operanti”. Per Enzo Favoino di Zero Waste Europe, esponente della campagna ‘A Buon Rendere’ che promuove anche in Italia il deposito cauzionale, in realtà questi sistemi “sono essenzialmente uno strumento per massimizzare il riciclo”. Di fatto, il documento prevede il deposito cauzionale delle bottiglie in plastica e delle lattine “che sono vocate proprio al riciclo, non al riuso”. “Con il deposito cauzionale – aggiunge Favoino – massimizzi i tassi di intercettazione, migliori la qualità, minimizzi la dispersione tramite littering con i relativi costi che devono supportare i Comuni e aumenti il tasso di circolarità delle filiere del riciclo”. Un dato su tutti: nei 13 paesi europei che hanno già il deposito cauzionale la media di intercettazione dei contenitori per bevande è del 94%, ma quella dei Paesi senza deposito cauzionale è del 47%. Altri dieci Paesi europei, però, hanno già definito le scadenze per l’entrata in vigore di questi sistemi, per i quali l’Italia rischia davvero di rimanere l’ultima ruota del carro.

Obiettivi di riciclo e contenuto minimo di materiale riciclato – Suggerendo che dal 2030 tutti gli imballaggi immessi sul mercato dovranno essere riciclabili, la bozza rivede al rialzo gli obiettivi di riciclo. Entro il 2025, il target per tutti gli imballaggi è del 65% in peso, con percentuali del 25% per il legno, del 50% per plastiche e alluminio, del 70% per vetro e metalli ferrosi, del 75% per carta e cartone. I target salgono al 2030: quello generale arriva al 70%. Viene introdotta, inoltre, l’etichettatura ambientale con alcune indicazioni obbligatorie e altre volontarie, come quelle sul contenuto di riciclato, su cui la bozza pure prevede obiettivi vincolanti e più ambiziosi. Attualmente la direttiva sulle plastiche monouso prevede un contenuto minimo di materiale riciclato (al 30%) solo per le bottiglie in Pet. La bozza estende i settori e alza le percentuali: al 2030 45% per tutti gli imballaggi in materiale plastico (50% per le bottiglie monouso), al 2040 65% per tutti. Più bassi gli obiettivi per gli imballaggi in plastica sensibili al contatto: 25% al 2030 e 50% al 2040. In un’intervista al Sole 24 Ore, Ettore Fortuna, vice presidente di Mineracqua, ha ricordato che l’Italia è il primo paese consumatore di acqua in bottiglia ed esporta 1,6 miliardi di litri di acqua minerale. “Non è possibile arrivare in quei tempi a quei tassi di riutilizzo e riciclo” ha detto, annunciando l’intenzione di scrivere alla Commissione, insieme ad altre federazioni europee di vetro, plastica, alluminio e degli utilizzatori.

Imballaggi biodegradabili e compostabili – Nel frattempo, però, Bruxelles prende posizione anche sugli imballaggi biodegradabili e compostabili, che saranno resi obbligatori entro due anni dall’entrata in vigore, ma solo per alcuni prodotti, come bustine per il tè, cialde per il caffè, bollini adesivi apposti su frutta e verdura e sacchetti di plastica ultraleggeri. Si punta a evitare la contaminazione incrociata dei rifiuti di imballaggio in plastica convenzionali e compostabili che porta a una minore qualità delle materie prime secondarie risultanti e di cui si è occupata la campagna ‘Carrelli di plastica’. “È necessario stabilire regole chiare – spiega il documento – che prevedano l’uso di tale materiale, in particolare la plastica, solo quando il loro utilizzo porta un chiaro beneficio per l’ambiente o la salute umana”.

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