Il nome di maggior peso, in un partito che di peso in Veneto non ne ha molto, se rapportato alla corazzata leghista, è quello del consigliere comunale Roberto Grigoletto, già vicesindaco di Treviso nella giunta di Giovanni Manildo, che dal 2013 al 2018 è riuscita a interrompere il lunghissimo regno del Carroccio. Dopo aver letto le liste presentate dal Pd – tra paracadutati, giovani speranze, defenestrazioni importanti e istanze del territorio disattese – ha annunciato che abbandona il partito. “Lascio il gruppo consiliare e mi dimetto da tutti gli incarichi nel Pd provinciale”, ha spiegato il docente di storia e filosofia al liceo classico Canova. Reazione fragorosa causata, tra l’altro, dalla decisione di Enrico Letta di candidare capolista nel proporzionale della Camera (Circoscrizione Venezia-Treviso-Belluno), la venticinquenne Rachele Scarpa, vicesegretaria dell’Unione comunale del Pd. È stata appoggiata dalla Cgil ed è portaborse dell’eurodeputata Alessandra Moretti.

“Non ho nulla contro i giovani, o contro Scarpa – ha detto Grigoletto – ma alcuni non hanno nessuna esperienza politica, non sono mai stati consiglieri comunali o assessori, non hanno idea di come funziona la macchina amministrativa. Come per tutti i lavori, serve fare un percorso per crescere e acquisire competenze. Ben vengano i giovani, ne abbiamo tanti che hanno alle spalle una esperienza amministrativa e lavorano da anni nei comuni con consenso. Andavano scelti questi”. In effetti il partito a Treviso aveva indicato 13 nomi, tra cui Scarpa non compariva. Ecco l’affondo dell’ex vicesindaco: “Enrico Letta non ha ascoltato le indicazioni arrivate dai territori, ha scelto i candidati ignorando il lavoro dei circoli e dei militanti. In questo modo non si rinnova un partito”.

Non se n’è andato, perché ormai interpreta un ruolo di coscienza critica, eppure anche l’ex sindaco di Venezia, il filosofo Massimo Cacciari, non le manda a dire. “Sono liste vergognose. Da Roma hanno candidato Piero Fassino, alla sua settima legislatura, facendo fuori i giovani parlamentari uscenti del territorio. E si autocandida il segretario regionale Martella. Si è persa anche la morale in questa politica, il Pci non avrebbe agito così. Ma come si fa a votarli questi, che al massimo portano 3 voti a testa? Facciamo di tutto per perdere?”. Il riferimento di Cacciari è alla mancata ricandidatura di due uscenti come Andrea Ferrazza e Nicola Pellicani, espressione del territorio.

Paolo Giaretta, già sindaco di Padova, poi senatore per quattro legislature, nonché segretario regionale del Pd, è un altro dei padri nobili del centrosinistra (ma proveniente dal mondo cattolico e dalla Democrazia Cristiana). “Le liste mi appaiono costruite senza una logica. Si mette capolista una giovane di 25 anni, ma poi si recupera Fassino: ma perché in Veneto e non in Piemonte, dove tra l’altro è stata candidata la Serracchiani? Non sarebbe stato meglio l’inverso?”. A Belluno il partito era insorto quando era spuntata l’ipotesi di inserire in lista Federico D’Incà, ex ministro Cinquestelle. Monica Lotto, segretaria provinciale e vice a livello regionale, non nasconde le sue critiche: “Nulla di personale contro Fassino, ma il problema è politico. Quando il partito sceglie figure che non sono del territorio, sbaglia. Ci sono intere province che non hanno un rappresentante. Noi abbiamo fatto le consultazioni. E scopriamo che le nostre indicazioni sono finite al quarto posto”.

Il Veneto per i dem è da tempo una terra persa, considerando lo strapotere di Luca Zaia ed ora la crescita dei Fratelli d’Italia. Il centrodestra vuole fare l’en plein dei seggi maggioritari e le scelte di Letta non sembrano far nulla per sbarrargli la strada. Per questo è esploso il malumore e la rabbia di chi già si sente circondato dagli avversari politici, ed ora deve subire le ingerenze romane. La decisione di Enrico Letta di candidarsi a Vicenza può anche essere a effetto, perché ritiene di lanciare la sfida in una terra a vocazione imprenditoriale scontenta per la caduta del governo Draghi. Ma come spiegare alla base l’arrivo del settantatreenne Piero Fassino, già sindaco di Torino, nonché segretario del partito, parlamentare dal 1994 al 2011 e più volte ministro? O di Beatrice Lorenzin, già ministro della Salute nei governi Letta, Renzi e Gentiloni? Sono nomi che creano disaffezione e negano opportunità, altro che alimentare l’entusiasmo di cui i dem avrebbero bisogno per rilanciarsi in Veneto.

A Padova-Rovigo viene salvaguardato Alessandro Zan, il promotore dell’omonima legge contro l’omofobia. A Vicenza, dopo Letta è stata candidata l’ex segretaria regionale Rosanna Filippin, mentre a Verona viene confermata al primo posto la deputata uscente Alessia Rotta. Nel collegio 1 del Senato (Treviso-Belluno-Venezia) è candidato al primo posto il segretario regionale Andrea Martella, mentre a Verona-Vicenza-Padova viene presentata Lorenzin. Il risultato sarà che Padova, Rovigo e Belluno non avranno un rappresentante locale. In qualche modo il Veneto si consola con il fatto che nella circoscrizione estera è collocato in pole position il virologo Andrea Crisanti, che lavora e insegna all’Università di Padova.

Vicenza avrà un parlamentare solo se Letta sceglierà l’elezione in Lombardia. Proprio a Vicenza la direzione provinciale aveva indicato i nomi di Giacomo Possamai, capogruppo in Regione, e di Chiara Luisetto, ex segretaria provinciale, che alle regionali del 2020 avevano incassato rispettivamente 12mila e 9mila preferenze. Poi Possamai ha rinunciato, per candidarsi tra un anno sindaco di Vicenza, ma la Luisetto non è finita in lista. Luca Cortese, sindaco di Sarcedo del Pd, ha scritto su Facebook: “Il Veneto è diventato luogo sicuro per vecchi leader che non hanno la capacità di essere eletti nei loro territori. Bisognava avere il coraggio di lasciare tutti i posti disponibili a persone venete conosciute che si sono spese per il Veneto. Un errore che pagheremo. Una scelta scellerata che ci farà perdere in modo umiliante”. Anche perché la propaganda leghista martella sull’autonomia e il governatore Zaia non perde occasione per elogiare l’identità veneta.

Malumori anche in Friuli Venezia Giulia, dove Debora Serracchiani è capolista nella lista dalla Camera, Tatjana Rojc in quella del Senato e Cristiano Shaurli, numero due a Montecitorio, lo è al proporzionale. Restano così tagliati fuori sia Francesco Russo che Franco Iacop. L’uscente Russo ha alluso “a chi prova sempre a salvare la sua poltrona ‘a tutti i costi’”. L’ex segretario regionale Salvatore Spitaleri: “La notte delle liste si è conclusa come classicamente si chiudono le notti delle liste: in quest’occasione appesantita come il piombo dalla riduzione dei parlamentari, la cui responsabilità dovrebbe gravare come un macigno su Nicola Zingaretti e la sua segreteria di allora”.

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