Nel “Programma per l’Italia” presentato dalla coalizione, il progetto è riassunto in sei parole: “Elezione diretta del presidente della Repubblica“. Ma per capire nel dettaglio il sistema presidenziale sognato dal centrodestra è utile andare a rileggere la proposta di legge costituzionale a prima firma di Giorgia Meloni, depositata alla Camera nei primi giorni della legislatura e respinta, nel maggio scorso, con 236 voti contro 204: è a quel testo che il futuro, eventuale governo di centrodestra si ispirerebbe, con ogni probabilità, per varare un nuovo progetto di riforma. L’articolato disegna una via di mezzo tra il modello francese e quelli tedesco e spagnolo, dai quali mutua l’istituto della “sfiducia costruttiva” che consente di sfiduciare il governo guidato da un primo ministro indicando allo stesso tempo il suo successore. Prevede, in sintesi, che il capo dello Stato venga eletto a suffragio universale, che abbia un mandato di cinque anni (uguale a quello del Parlamento) e non più di sette, e che sia responsabile della politica generale del governo. Nell’introduzione al testo, i proponenti – Meloni e altri 31 deputati di Fratelli d’Italia – scrivono che “un Presidente votato dagli italiani, legittimato dagli italiani e che risponde del proprio operato solo di fronte ai suoi elettori è la più importante riforma costituzionale che potremmo regalare a una nazione che ha bisogno di stabilità”.

Nel dettaglio, la proposta interviene sia sul Titolo II della Costituzione (Il Presidente della Repubblica), modificando gli articoli da 83 a 89, sia sul Titolo III (Il Governo), modificando gli articoli da 92 a 96. I primi commi dell’articolo 84, che disciplina i requisiti dell’elezione del capo dello Stato, verrebbero riformulati così: “Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale e diretto. Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto quarant’anni d’età (non più cinquanta, ndr) e goda dei diritti civili e politici”. Il nuovo articolo 85, che disciplina le modalità dell’elezione, prevederebbe che il Presidente sia “eletto per cinque anni”, e anche, in modo esplicito, che possa essere “rieletto una sola volta” (mentre al momento la Carta non dice nulla sulla possibilità di rielezione, che viene dedotta in via interpretativa). Le candidature per la carica possono essere proposte da un gruppo parlamentare, da duecentomila elettori oppure da un numero di deputati, senatori, europarlamentari, consiglieri regionali, governatori o sindaci che dovrà essere stabilito dalla legge. Per essere eletti serve la maggioranza assoluta dei votanti: se nessuno dei candidati la raggiunge, due settimane dopo il primo turno si procede – come in Francia – al ballottaggio tra i due più votati.

Per quanto riguarda il governo, la figura del presidente del Consiglio è sostituita da quella di un Primo ministro dai poteri assai ridimensionati: a presiedere il Consiglio dei ministri, infatti, non è lui (se non come supplente) ma il capo dello Stato, che inoltre – secondo il nuovo articolo 95 – “dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri“. Il presidente della Repubblica, come già avviene col presidente del Consiglio, nominerebbe “il Primo ministro e, su proposta di questo, i ministri”, ma avrebbe anche il potere di revocarli in qualsiasi momento. Infine, viene abolita la previsione dell’attuale articolo 94 in base alla quale il governo, entro dieci giorni dalla formazione, si presenta alle Camere per ottenerne la fiducia: la fiducia diventerebbe necessaria soltanto per un governo formato in seguito a sfiducia costruttiva. Si tratta di un meccanismo in base al quale la maggioranza assoluta dei componenti di una Camera può sfiduciare il governo indicando contemporaneamente la persona alla quale il Presidente della Repubblica deve conferire l’incarico di Primo ministro (che può anche essere una personalità di orientamento politico a lui opposto). Solo in quel caso “il Governo formato dopo l’approvazione della mozione di sfiducia si presenta, entro cinque giorni, alle Camere per ottenerne la fiducia”.

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