Era nell’aria da un po’ e ora, stando a quanto riferito dal Jerusalem Post, la decisione sarebbe vicina. L’Agenzia Ebraica si appresterebbe a lasciare la Russia. Secondo quanto riportato dal giornale israeliano che ha sentito una fonte interna all’organizzazione, l’Agenzia sarebbe sulla strada di mettere fine alla propria presenza fisica in territorio russo. La decisione – non ancora confermata ufficialmente – giungerebbe alla fine di un lungo periodo di tensioni con Mosca a seguito delle posizioni – secondo il Cremlino – assunte da Israele a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina. Il quotidiano ha aggiunto che i capi dell’Agenzia sono riuniti a Gerusalemme per varare la fine delle attività in Russia e il trasferimento definitivo delle operazioni da Mosca in Israele. Se la decisione dovesse essere confermata, dunque, gli ebrei russi che vorranno tornare nella propria terra natale, Israele, dovranno affrontare tutto il processo di Aliyah per via telematica.

La notizia del probabile addio dell’Agenzia a Mosca giunge a poche ore da un colloquio telefonico intercorso fra il capo dello Stato israeliano, Isaac Herzog, e il presidente russo, Vladimir Putin durante il quale si è discusso del futuro dell’Agenza ebraica in Russia. “Il colloquio è stato franco ed onesto. I due presidenti hanno concordato che resteranno in contatto” ha riferito un portavoce di Herzog secondo cui la telefonata a Putin sarebbe stata suggerita dal premier Yair Lapid. Eppure la rottura sembra insanabile e ora l’Agenzia sarebbe pronta a levare le tende.

La vicenda Ma facciamo un passo indietro. Tutto è iniziato quando nei primi giorni di luglio il Ministero della Giustizia russo ha inviato una lettera all’Agenzia ebraica con un elenco di presunti reati che gli venivano contestati fra cui quello di aver raccolto illegalmente informazioni sui cittadini russi. Sulla base di queste accuse, Mosca ha ordinato all’organizzazione di interrompere tutte le attività nel Paese, provvedimento al quale l’Agenzia si era opposta davanti ai giudici russi. Secondo una fonte ascoltata in quei giorni dal Jerusalem Post, la decisione del Ministero della Giustizia di chiudere l’Agenzia non sarebbe mai cambiata. L’Agenzia è ricorsa in appello per prolungare il tempo a sua disposizione al fine di salvare le sue operazioni in Russia.

L’istituzione no profit ha una missione ben precisa: fare da ponte fra Israele e la Diaspora ebraica in giro per il mondo, agevolando il ritorno degli ebrei in patria, la cosiddetta Aliyah. Una mossa, quella di Mosca, che rende ancora più evidente la profonda crisi delle relazioni diplomatiche fra Russia e Israele. A pesare su questa decisione, infatti, potrebbe essere stato l’ulteriore rafforzamento del legame di Gerusalemme con gli Stati Uniti, quest’ultimi impegnati in una certosina opera diplomatica di cucitura di rapporti fra Gerusalemme e i Paesi del mondo arabo e musulmano che lega in maniera indissolubile Israele e Stati Uniti. Un’ alleanza forte, quella fra l’esecutivo di Yair Lapid e Washington che ha effetti sulla guerra in Ucraina, vedendo un pieno sostegno e allineamento di Israele alla politica di Joe Biden. Proprio questa presa di posizione da parte di Gerusalemme ha inasprito i già difficili rapporti con Mosca. Non a caso, infatti, il giro di vite sull’Agenzia Ebraica è arrivato nel momento in cui Yair Lapid, che ha criticato a gran voce proprio l’invasione dell’Ucraina da pare della Russia, è diventato primo ministro. Dunque, sicuramente la posizione di Israele sulla guerra in Ucraina, ha pesato in maniera considerevole sulla vicenda. Ma non solo. Secondo quanto riportato dal Jerusalem Post, infatti, il problema non sarebbe legale ma politico e la decisione sarebbe cambiata solo se i vertici politici e diplomatici israeliani e russi si fossero messi d’accordo. Cosa che evidentemente non è avvenuta.

Il retroscena La vicenda si è tinta di giallo quando fonti ascoltate dal Jerusalem Post nei giorni scorsi hanno affermato che la notizia della richiesta del Ministero della Giustizia russo di interrompere le attività dell’Agenzia, non sarebbe stata riferita al governo di Yair Lapid dagli stessi funzionari dell’organizzazione, ma sarebbe stata appresa dalla stampa. Secondo quanto riportato dal Jerusalem Post, dunque, ci sarebbero state delle omissioni importanti da parte degli stessi funzionari israeliani. Gli uffici dell’Agenzia sono presenti in diversi Paesi, fra cui anche l’Italia, e hanno il compito di aiutare gli aspiranti cittadini israeliani a svolgere tutte le pratiche burocratiche per tornare a vivere in Israele. La chiusura di questa istituzione a Mosca, potrebbe mettere a rischio la possibilità per gli Israeliani di fare ritorno in patria. Subito dopo la decisione di fine luglio, il Ministero del Affari della Diaspora, Nachman Shai, aveva espresso il suo sdegno per la mossa del Ministero della Giustizia russo. “Gli ebrei russi non saranno tenuti in ostaggio dalla guerra in Ucraina. Il tentativo di punire l’Agenzia Ebraica per la posizione di Israele sulla guerra è patetico e offensivo. Gli ebrei russi non potranno staccarsi dal legame storico ed emotivo con lo Stato di Israele“. Il provvedimento, sarebbe stato preso in applicazione della contestata legge russa del 2012 sugli “agenti stranieri”, la cui portata sarebbe stata ampliata prevedendo anche il carcere per chiunque riceva sostegno dall’estero e si impegni in azioni politiche che le autorità ritengono contrarie all’ interesse nazionale russo.

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