L’annuncio della malattia che lo stesso Giovanni Allevi – virtuoso pianista molto apprezzato in questi anni – ha diffuso ha destato preoccupazione e interrogativi sulla gravità del suo stato di salute. La patologia è il mieloma multiplo (MM), un tumore che colpisce un tipo particolare di cellule del midollo osseo, le plasmacellule. Si tratta di cellule molto importanti per il sistema immunitario, derivano dai linfociti B e producono immunoglobulina, ossia i nostri anticorpi. Quali danni provoca la malattia? Si verifica una moltiplicazione incontrollata di cellule cancerogene nel midollo osseo a tal punto che queste prendono il sopravvento sulle cellule sane, causando l’arresto della produzione di anticorpi utili. L’effetto principale è un gravissimo indebolimento dell’attività immunitaria che, se non trattato, porterebbe a un rapido decesso. Negli ultimi anni la prognosi di MM è però sempre più ottimistica, come l’efficacia delle cure.

Cause e persone più a rischio – Allo stato attuale non sono note le cause del MM, come è difficile stabilire anche le strategie di prevenzione. Quello che sappiamo è che colpisce più frequentemente le persone anziane, più gli uomini che le donne. In particolare, il 38% delle diagnosi è rappresentato da persone sopra i 70 anni e solo il 2 per cento sotto i 40 anni. In Italia si verificano circa 2.700 nuovi casi di mieloma ogni anno tra le donne e circa 3.000 tra gli uomini (Fonte Airc).

Sintomi – Alcuni pazienti non presentano una sintomatologia evidente, per cui scoprono di avere questa patologia in seguito a esami effettuati per motivi diversi. A parte questi casi specifici, il sintomo più frequente è il dolore alle ossa, soprattutto in alcuni punti come schiena, anca e costato. Associato al dolore si verifica spesso una maggior fragilità dell’osso, che si può rompere anche in seguito a traumi lievi. E poi, la tendenza a sentirsi stanchi e affaticati perché i pazienti che soffrono di mieloma possono presentare alti livelli di calcio nel sangue (ipercalcemia), a causa all’invasione delle ossa da parte delle cellule maligne con conseguente rilascio di calcio. Questa sostanza influenza l’attività dei nervi e una sua concentrazione elevata può causare debolezza e confusione mentale. In più come sintomi abbiamo anemia, nausea, vomito, senso di sete frequente, intorpidimento, formicolio e perdita di peso pur non avendo cambiato abitudini alimentari.

Diagnosi – Visti i casi asintomatici, la diagnosi precoce del MM risulta complicata. Tuttavia, in genere si effettuano esami del sangue e delle urine per una prima indicazione sulla presenza di un tumore delle plasmacellule. Se è presente la malattia, in alcune situazioni i livelli di emoglobina e piastrine sono bassi, come basso è il livello di albumina se il tumore è in fase avanzata. Anche alti livelli di beta-2 microglobulina e di calcio nel siero indicano che il mieloma ha raggiunto uno stadio avanzato. Ma di sicuro l’indagine fondamentale è la biopsia del midollo osseo. Si esegue facendo un prelievo e subito dopo un’analisi di un frammento di osso e del midollo in esso contenuto. Per avere ulteriore conferma della presenza di mieloma si utilizzano tecniche di diagnostica per immagini: radiografie, tomografia computerizzata dello scheletro e risonanza magnetica.

Terapie – I trattamenti possono cambiare a seconda della tipologia della malattia, l’età e le condizioni generali del paziente. Ecco in sintesi i principali, ricavati dalle informazioni della Fondazione Airc:

1. Se il MM si evolve molto lentamente senza causare manifestazioni (mieloma indolente), i pazienti non sono sottoposti a trattamento, ma solo a stretti controlli periodici.

2. Per i pazienti con MM sintomatico, la buona notizia è che negli ultimi 15 anni c’è stata una rivoluzione nella terapia farmacologica. E quindi, ai chemioterapici tradizionali, si sono aggiunti gli inibitori del proteasoma e la talidomide e suoi derivati.

3. Per i pazienti con MM refrattario o ricorrente, che non rispondono ai trattamenti standard, le terapie più innovative si basano su anticorpi monoclonali che stimolano l’eliminazione delle cellule tumorali da parte del sistema immunitario.

4. Nei pazienti con meno di 70 anni e che non presentano problemi cardiaci, polmonari o epatici, o altre controindicazioni possono essere usati trattamenti più intensi associati al trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Queste cellule sono prelevate dal sangue o dal midollo del paziente stesso (trapianto autologo), anche se il rischio che la malattia si ripresenti è piuttosto elevato; mentre se il trapianto è effettuato da un donatore compatibile (trapianto allogenico), il rischio diminuisce, anche se è più alta la mortalità, a causa dei fenomeni di rigetto ben più frequenti rispetto all’autotrapianto.

Il consiglio è di rivolgersi in centri specializzati nel trattamento di questa malattia per beneficiare delle terapie più avanzate, secondo lo stadio della malattia.

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