A marzo in Italia si è registrato un nuovo record di assunzioni stagionali, a dispetto degli allarmi lanciati fin dalla primavera da alcuni imprenditori dei servizi e fatti propri dal ministro del Turismo Massimo Garavaglia. Il nuovo Osservatorio Inps sul precariato mostra che sono state 79.238 in un mese contro le 23.221 dell’anno scorso, 52.589 del mese di marzo 2019, 63.200 del 2018, 41.900 del 2017, 48.900 del 2016, 43.800 del 2015 e 36.600 del 2014: si tratta insomma del dato più alto da quando l’istituto pubblica questi dati. Il varo del reddito di cittadinanza stando ai numeri non ha dunque scoraggiato i lavoratori dall’accettare questo tipo di posti, spesso malpagati e con orari estremamente faticosi, come invece sostiene chi attacca il sussidio.

Nel primo trimestre 2022 i flussi nel mercato del lavoro (assunzioni, trasformazioni, cessazioni) hanno ripreso i livelli prepandemici, compromessi nel biennio 2020-2021 dall’emergenza Covid. Complessivamente, sia le assunzioni (1.865.000) che le cessazioni (1.515.00) hanno superato il livello del 2018-2019 e anche le trasformazioni si sono avvicinate al livello massimo in precedenza registrato nel 2019. La variazione netta registra un saldo positivo di 350.345 rapporti di lavoro. Il saldo annualizzato, vale a dire la differenza tra i flussi di assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi e che identifica la variazione annua delle posizioni di lavoro, a partire da marzo 2021 ha segnato un continuo recupero. A marzo 2022 si registra un saldo pari a 763mila posizioni di lavoro.

Per quanto riguarda le cessazioni dei contratti, nel primo trimestre dell’anno le dimissioni salgono a 306.710 con un incremento del 35% sullo stesso periodo del 2021 e del 29% sul 2019. Si è registrato anche un forte aumento dei licenziamenti di natura economica (99.288) e disciplinari (31.014) rispettivamente pari a +162% e +48% nel confronto annuo, ma va ricordato che nel primo trimestre 2021 i licenziamenti economici erano ancora bloccati come stabilito al picco della pandemia. Nel confronto con il 2019 per i licenziamenti economici si rileva ancora una contrazione (-17%). Risultano invece in aumento quelli disciplinari (+59%).

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